Recensione di Se chiudo gli occhi non sono più qui | Un malinconico racconto di formazione
Recensione di Se chiudo gli occhi non sono più qui, con Giorgio Colangeli, Beppe Fiorello e Mark Manaloto: Vittorio Moroni dipinge con delicatezza un racconto di formazione armato di sincerità e limpido candore
“È possibile cambiare il proprio destino?”. È questa la domanda che si pone Kiko, che è poi forse la medesima che si chiedono tutti i giovani di oggi vagamente tendenti alla tristezza. Eppure lui i motivi per domandarselo ce li ha sul serio, in quanto la sua vita è davvero una complicata confusione, di quelle che, apparentemente, lasciano poche scelte. Se chiudo gli occhi non sono più qui è dunque innanzitutto un coming of age, un racconto di formazione che il regista Vittorio Moroni tratta con la giusta delicatezza, riuscendo a cogliere le sfumature più fragili dell'adolescenza, quel fatidico momento della tua esistenza in cui devi scegliere chi essere, anche se non sei pronto. Merito del cineasta è quello di aver evitato i facili drammatismi sentimentali, delineando un microcosmo che ben si discosta dai tipici prodotti per teenager. C'è poco spazio per l'amore qui, giusto uno sguardo fugace e tutt'altro che romantico: il resto è un'immersione nel difficile incrocio che chiamiamo vita.
Moroni osserva e non giudica, e noi con lui, spettatori assorti nell'empatia verso Kiko (l'esordiente Mark Manaloto), personaggio in cerca di sé stesso e di un proprio posto nel mondo. Mai la pellicola rischia di essere didascalica, meccanica o moralista (i difetti più gravi, per un film di questo genere), ma pare guardare l'universo con gli stessi occhi innocenti del protagonista, bagnandosi di amare lacrime ogni volta che il cuore pulsa più del dovuto, o facendosi del male anche solo per ricevere una scossa di vita. Il risultato è un film armato di autentica tenerezza mentre svela pian piano le sue tematiche, rivelando una pellicola concepita a scatole cinesi, dove dietro ad ogni scena apparentemente innocua si nasconde in verità una nuova suggestione, tanta è la cura e l'abbondanza della sceneggiatura. Così, ad affiancare il percorso di crescita del protagonista abbiamo non solo la crisi economica, ma anche questioni come l'abbandono scolastico, l'integrazione, il ruolo della cultura, la redenzione e il perdono. Tutte evocazioni che non fanno che arricchire ulteriormente un prodotto già compiuto di suo, uno sguardo limpido che brilla di sincerità, di semplice e malinconico candore.
Voto della redazione:
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