Da Hitchcock a Mankiewicz, una classifica imperfetta dei traumi psicologici che hanno maggiormente segnato la storia del cinema
Se è vero, e lo è, che il cinema, e in particolare Hollywood, divennero, a un dato momento, vulgata della psicanalisi e dei suoi contenuti, non deve meravigliare la casistica di traumi visti sugli schermi, vere e proprie fratture della psiche destinate a determinare, soprattutto in alcuni generi, come il thriller e il mélo, comportamenti sociopatici e irregolari. Shock giacenti nelle profondità della mente, rimossi e occultati, pronti a essere rivissuti e superati nei tempi eccezionalmente celeri imposti dalla drammaturgia. Alfred Hitchcock insegna; e, infatti, in un’approssimativa classifica…
1. Io ti salverò (Spellbound, 1945) e La donna che visse due volte (Vertigo, 1958)
Come volevasi dimostrare, la medaglia d’oro va, ex aequo, a due titoli firmati Hicht. Io ti salverò non necessita neanche di commenti: la sceneggiatura di Ben Hetch è, di fatto, un compendio delle più note conquiste della psicanalisi. Quale evento ha determinato la fobia del dottor Ballantyne (Gregory Peck) per le righe parallele, siano esse su di un tessuto o sulla neve? E che cosa ha generato in lui un senso di colpa tale da indurlo a sentirsi responsabile anche di un assassinio che non ha commesso? Lo svelerà un’innamorata Ingrid Bergman: un incidente infantile in cui egli determinò, involontariamente, la morte del fratellino. Mentre l’ossessione per l’altezza di Scottie (James Stewart), poliziotto a riposo, la stessa che gli provoca vertigini devastanti, è stata cagionata, nella Donna che visse due volte, dall’aver assistito, impotente, alla caduta fatale di un collega da un tetto, durante l’inseguimento di un bandito. Tutto il resto è un giallo tra i più leggendari di sempre.
[Leggi anche: I migliori film del maestro del brivido, Sir Alfred Hitchcock]
2. Improvvisamente l’estate scorsa (Suddently, Last Summer, 1959)
Dal dramma omonimo di Tennessee Williams, Joseph L. Mankiewicz, complice Gore Vidal, trae un mélo di forte presa, in cui Catherine (Elisabeth Taylor), che la perfida zia (Katharine Hepburn) vorrebbe sottoporre a lobotomia perché la causa del trauma che infesta l’anima della giovane non venga rivelata, reca le stimmate di uno shock subito l’estate prima, in Spagna: il cugino è stato massacrato, sotto i suoi occhi, proprio da quei ragazzi che lui adescava durante i suoi viaggi servendosi di lei.
3. Marnie (1964)
Ancora Hitch. Che cosa agita la giovane e misteriosa Marnie (Tippi Hedren)? Perché quell’idiosincrasia per il rosso? E la paura del sesso? E i comportamenti da cleptomane? La scoperta toccherà al marito Sean Connery. E riporterà una memoria annebbiata a un’infanzia difficile, a una madre prostituta abusata da un cliente sotto lo sguardo della piccola, a un omicidio, a fiotti di sangue rosso versato.
4. Luci della ribalta (Limelight, 1952)
Com’è possibile che Thereza (Claire Bloom), il cui sogno è diventare una stella della danza, venga colta da inspiegabili paralisi alle gambe? Alla radice del disturbo, la scoperta che la sorella vendeva il suo corpo per poter pagare a Thereza le lezioni danza. La tenera amicizia con il crepuscolare clown Calvero si rivelerà salvifica, non soltanto per lei. E Charlie Chaplin ci regala uno dei suoi film più commoventi.
5. Labbra di lurido blu (1975)
Dopo tanto cinema alto, una deviazione, ma in tema. Apoteosi del ridicolo, il melodramma intellettual-erotico di Giulio Petroni aggioga due bravi attori come Lisa Gastoni e Corrado Pani a due personaggi ingrati, ma traumatizzati a puntino. Lei dalle pratiche sessuali aggressive a cui il padre obbligava la madre, ciò che ha reso la figlia una ninfomane (?). Lui dal dispotismo paterno, probabile motivazione della sua omosessualità (sic). I due si sposano nella speranza di “redimersi”. Ma lui, vessato da un amante possessivo e dai suoi demoni interiori, sceglierà di farla finita e lei assisterà imbambolata al suo suicidio.
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