L'amore, si sa, è una cosa strana, figuriamoci quello nei confronti del cinema. Il sito americano Mandatory ci propone una classifica strana, elencando quei film che “pensiamo di amare, ma che in realtà non vorremmo riguardare mai più”
L'amore, si sa, è una cosa strana, figuriamoci quello nei confronti del cinema. Oggi, il sito americano Mandatory ci propone una classifica strana, elencando quei film che “pensiamo di amare, ma che in realtà non vorremmo riguardare mai più”. Insomma, come quando giri per i grandi magazzini, finisci nel compartimento DVD, ne acquisti 3 o 4 perché pensi siano cool, ma poi li lasci semplicemente sul tuo scaffale ad ammuffire.
Tra questi, il potale inserisce anche uno dei film più celebrati della scorsa stagione, Boyhood di Richard Linklater, acclamato dalla critica e vincitore di svariati premi, compreso l'Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista a Patricia Arquette. Spiega Mandatory: “Ci sono voluti 12 anni per realizzarlo e 6 anni per vederlo. Anche se ce l'avete fatta con la prima visione, non c'è modo in cui riuscirete nuovamente a sedervici davanti. Nemmeno Ethan Hawke l'ha guardato due volte, e sapete che se c'è qualcuno che ha il tempo di vederlo due volte, quello è Ethan Hawke.
Amato dalla stampa è poi anche Lincoln di Steven Spielberg, con un gigantesco Daniel Day Lewis giustamente insignito di tutti i riconoscimenti possibili. Il sito, però, non parrebbe affatto dello stesso parere: “Oh santo cielo, ecco un altro film di 150 minuti con dei tizi vecchi che parlano della legislazione! Firmeranno i documenti? Chi lo sa? Non vedo l'ora di subirmi un'altra ora di conversazioni bipartisan! Sono così carico di hype!”.
Sempre con Day Lewis è Il petroliere, pellicola diretta da Paul Thomas Anderson nel 2007 e accolta fra scroscianti applausi. Ma spiega l'autore dell'articolo: “C'ho provato a guardarlo di nuovo. Davvero. Ma sembra non finire mai. La musica continua solo ad aumentare mentre la cinepresa zoomma lentamente sulla faccia di Daniel Day Lewis. Quell'ultima inquadratura dura 347 minuti. Potrebe ancora non essere finita. Forse tutti viviamo semplicemente in una zoommata lenta sulla faccia di Daniel Day Lewis”.
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Infine, non sfugge alla lapidazione nemmeno Il discorso del re di Tom Hooper, con Colin Firth nei panni di Re Giorgio VI: “Guardate, amo i film sui logopedisti britannici tanto quanto chiunque, ma ad un certo punto basta. E dopo 90 minuti ero già stanco di Colin Firth in cerca della sua strada, quindi non c'è modo che io possa immaginarmi di riguardare nuovamente tutti quei discorsi. Perdonami Colin!”.
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