Scelti i candidati di Giappone, Cina, Taiwan e Corea del Sud: dopo le critiche, diamo un’occhiata a chi rappresenterà l’Asia agli Academy Awards del 2016
È dal lontano 2008 che l’Asia non riesce a conquistare la preziosa statuetta come Miglior Film Straniero agli Academy Awards. È dai tempi di Departures cioè che nessun film asiatico stringe un Oscar tra le mani. E risalendo ancora prima del successo di Takita Yojiro e la sua delicata storia sulla transizione al mondo dell’aldilà, ecco che compare Taiwan solo nel 2000, con il film tanto amato di Ang Lee La Tigre e il Dragone. La situazione poi per Corea del Sud e Cina, in termini di Oscar, è pure più critica: mentre la prima non ha mai sfiorato neppure la cinquina, la Cina può contare sulla figura di Zhang Yimou che ha quanto meno raggiunto la finale ben due volte (nel 1990 con Ju Dou e ovviamente nel 2002 con Hero).
Quest’anno tuttavia la selezione operata dai quattro Paesi porta con sé alcune curiose riflessioni.
Il Giappone è evidentemente ancora scottato dalle dichiarazioni di Takeshi Kitano, che non si è risparmiato l’anno scorso nel sottolineare la stretta connessione tra candidati all’Oscar e Major giapponesi. Malgrado i suoi decenni di carriera, titoli come L'estate di Kikujiro (1999), Brother (2000), Zatoichi (2003) e premi conquistati un po’ ovunque nel mondo, il suo nome non ha mai superato la barriera nazionale. Si consola distribuendo a fine 2015 Mozu, tratto dalla serie TV, una nuova creatura a tema Yakuza.
Al contrario di Kitano, sappiamo bene come le animazioni di Hayao Miyazaki abbiano invece fatto breccia più di una volta agli Academy Awards (La città incantata vince nel 2003, Il castello errante di Howl e Si alza il vento conquistano una candidatura). Una forte presenza coronata dall’Oscar alla Carriera (Premio Oscar onorario) nel 2015. Dunque, chi parteciperà quest’anno per la Terra del Sol Levante è tra i vincitori del Tokyo Film Festival, 100 yen love, una storia di riscatto attraverso la boxe diretta da un giovane Take Masaharu, così giovane che altri premi non ne ha ancora avuti.
La Corea del Sud, come si diceva grande assente nelle liste, quest’anno ci prova con The Trone di Lee Joon Ik. Il film ambientato durante l’ultima dinastia imperiale della Corea racconta di un severo re Yeong Jo che rinchiuse il proprio figlio, il Principe Santo, in una cassa fino a farlo morire per asfissia. Il film ha appena raggiunto i teatri coreani, ancora presto per valutare la reazione del pubblico.
Per quanto riguarda la Cina, curiosa e criticabile la scelta operata dal comitato locale: sarà il francesissimo Jean Jacques Annaud a rappresentare la Cina agli Academy Awards. Ci si era già stupiti l’anno scorso quando The Nightingale (Le promeneur d'oiseau) di Philippe Muyl aveva avuto la stessa sorte. Sebbene L’ultimo lupo di Annaud abbia indubbiamente trascinato il pubblico, alle sue spalle ci stiamo dimenticando un Jia Zhangke, grande favorito di Cannes con Mountains May Depart. Infatti, il regista non ha lasciato perdere la questione e tramite social network, ha manifestato tutto il suo dissenso per questa scelta votata ad una coproduzione sino-francese. Tra l’altro, malgrado fortemente osteggiato in patria al punto da non aver più avuto una distribuzione regolare nelle sale addirittura dal 2010, Jia Zhangke era riuscito a garantire a Mountains May Depart il tempo minimo nei teatri richiesto dal regolamento degli Academy: e così, per una sola settimana e nella sola Shanghai, il film è stato visto. Malgrado questi straordinari sforzi, il China Film Bureau e l’organo di censura SAPPRFT non hanno ritenuto Jia Zhangke valevole di rappresentare la Terra di Mezzo. Meglio un francese. Ecco, se dovesse vincere, chi esulterebbe, la Cina o la Francia?
[Leggi anche: “The Assassin” è una dinamite pronta a far esplodere il Festival di Cannes]
Ultimo in lista ma più favorito tra i quattro, l’ultima produzione di Hou Hsiao Hsien (Città dolente, Three Times, Le voyage du ballon rouge). The Assassin ha spopolato a Cannes con la Palma d’Oro alla Regia, quindi la Corea ha giustamente deciso di spingere Hou Hsiao-hsien fino in America. Il film narra la storia di una killer educata come tale sin dalla tenera età che, fallendo un incarico, è costretta a rientrare nella terra natale e confrontarsi con una scelta vitale. La storia in sé non ha un valore paragonabile a quello dell’apparato tecnico-registico, che qui raggiunge livelli innegabilmente sopraffini.
Si attende ora il confronto con le proposte Occidentali.
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