Presentato in concorso, l’ultimo attesissimo film di Hou Hsiao-hsien è un progetto incantevole e ipnotico, dotato di una grande cifra stilistica che potrebbe valergli ottimi riconoscimenti
Sono passati ormai sette anni dal suo (pen)ultimo Le Voyage du Ballon Rouge. Sette anni in cui Hou Hsiao-hsien si è dedicato a The Assassin, film che rientra nel genere wuxia portandolo agli estremi e provando a rivoluzionarlo. Avvalendosi di una storia quasi nulla e comunque poco curata, il regista decide di giocare tutte le sue carte sull’impianto visivo vincendo notevolmente la sfida. La pellicola, infatti, è una parata di colori e movimenti sinuosi, costumi sontuosi e scenari incantevoli. Il tutto ricercato non solo per scopi puramente estetici, ma soprattutto per trasportare lo spettatore in un mondo parallelo magico ma dai forti richiami contemporanei.
Hsiao-hsien inoltre lavora per sottrazione e proprio là dove avrebbe dovuto calcare la mano (combattimenti coreografici eccetera) sembra tirarsi indietro per ricercare una staticità nuova per il genere e una dimensione più contemplativa. La macchina da presa è in costante movimento (strepitose le scelte di lasciarla scorrere dietro a delle tende (in)visibili) ma il dinamismo viene sorprendentemente contro bilanciato da una staticità d’azione spiazzante e repentina.
Certo, The Assassin è un film impegnativo e sicuramente ostile nei confronti dello spettatore. La sua visione va sopportata con pazienza e forza d’animo: il lungometraggio procede a rilento con lunghe parentesi silenziose. Inoltre, probabilmente una maggiore attenzione contenutistica sul piano umano non avrebbe guastato. Ad ogni modo è impossibile non ammirarne il coraggio e la perizia tecnica, sperando che anche la giuria se ne accorga.
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