Con oggi terminano le proiezioni del Festival di Cannes 2015. “Macbeth” chiude il concorso mentre il documentario di Luc Jacquet è stato scelto come film di chiusura della rassegna. Entrambi hanno deluso le aspettative
Ancor prima della proiezione di questa mattina, Macbeth aveva già fatto parlare molto di sé. A cosa serve presentarsi in concorso con l’ennesima trasposizione del classico tragico se non solo per mettere in bella mostra i due protagonisti del film, Fassbender e Cottillard? Inoltre, le primissime immagini che circolavano sulla pellicola richiamavano un’estetica fantasy e epica che poco avrebbe calzato con la pellicola. Insomma, la curiosità era molta ma purtroppo il lavoro si è dimostrato esattamente come il pregiudizio dei più aveva pronostico (certe volte a pensar male ci si prende). Macbeth, infatti, non è null’altro che un film del tutto anonimo e fuori contesto che cerca continuamente di sorprendere il pubblico grazie al suo cast e a un richiamo televisivo che non gli si addice. Non c’è nulla di nuovo in quanto già detto nelle precedenti versioni dell’adattamento, ma non solo. Non c’è neppure una base solida per poter parlare di innocuo rifacimento filmico. La regia di Kurzel annaspa per tutti i minuti provando a inventarsi qualcosa più folgorante e d’impatto, ma finisce ben presto per snervare lo spettatore. La coppia di attori funziona bene (meglio lui di lei), ma questo non basta per risollevare le sorti di un progetto nato già morto. Unica nota di merito è l’accurata scelta delle location e delle musiche che ricreano un’atmosfera cupa e tenebrosa sicuramente efficace per le tematiche e il racconto inscenato.
Prodotto completamente diverso ma dal medesimo risultato è invece Ice and the Sky, nuovo documentario di Luc Jacquet. Il film segue in prima persona i racconti e le imprese di Claude Lorius, uno dei più importanti studiosi di ghiaccio al mondo. Lo scienziato ci racconta dei suoi studi passati, delle sue spedizioni e ci mette in guardia su problemi ambientali imminenti e concreti. Ciò cui però sembra di assistere è un film studiato a tavolino solo per commuovere i più sensibili. Mentre nelle parti in cui protagoniste sono le immagini di repertorio il film ha qualcosa (anche se poco e malamente strutturato) da dire, è proprio quando la regia video passa in mano a Jacquet che il film fa acqua da tutte le parti: inquadrature perfettamente calibrate, musica ingombrante, estetica d’impatto che isola al centro della natura il suo protagonista eccetera. Tutte spie di una mancanza di idee che non rendono giustizia al progetto e tanto meno al suo protagonista.
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