Ancora Sundance. Ancora lui, l’attore del momento, Michael Fassbender, che, senza volto, illumina con un carisma invidiabile una bizzarra e meravigliosa commedia musicale diretta dal regista irlandese Lenny Abrahamson
Di tutte le sfide che un attore possa affrontare, recitare senza l’uso dell’espressione facciale, è sicuramente una delle più difficili. Michael Fassbender si è cimentato in questa sfida temeraria e non si può che promuoverlo a pieni voti. Frank, presentato in anteprima al Sundance Film Festival e acclamato dalla critica alla scorsa edizione di SXSW (South by Southwest), è liberamente ispirato al personaggio di Frank Sidebottom, alter ego del comico e musicista britannico Chris Sievey. Frank sarà inoltre il film di chiusura della decima edizione Biografilm Festival che si terrà a Bologna tra il 6 ed il 16 giugno prossimo.
Jon Ronson (interpretato dal simpaticissimo attore irlandese Domhnall Gleeson, noto al grande pubblico per il ruolo di Bill Weasley nella saga di Harry Potter, che quest’anno abbiamo già potuto apprezzare nella commedia romantica Questione di Tempo al fianco di Rachel McAdams) è un giovane aspirante musicista che fatica a sfondare e a trovare una sua voce. Ma le cose cambiano quando si unisce ai Soronprfbs, una band d’avanguardia formata da stravaganti outsider dal nome impronunciabile e dai modi alquanto inusuali. La band è formata dal manager Don (Scoot McNairy), l’aggressiva percussionista, Nana (Carla Azar), il bassista di lingua francese Baraque (Francois Civil) e la donna del mistero Clara (l’irresistibile Maggie Gyllenhaal), che suona l’eterofono ed è fortemente sospettosa circa le motivazioni altrui. Ogni singolo attore fa la sua parte e i personaggi sarebbero dei protagonisti perfetti per un film di Wes Anderson, data la loro provocatoria eccentricità. Il leader del gruppo, il misterioso Frank, è un artista di grande talento, un vero genio della musica. Ha solo un vezzo, che lo rende ancora più indecifrabile: indossa costantemente una gigantesca maschera di cartapesta caratterizzata da impassibili occhi alla Pac-Man. Nessuno conosce il vero volto di Frank, che si ostina ad indossare la maschera sia sulla scena che fuori, nella doccia e perfino nel letto. Visto con sospetto da tutti, il Twitter-dipendente Jon cercherà di imporre al gruppo le sue trovate pubblicitarie e le sue creazioni musicali d’impronta prettamente commerciale. Il resto della band, incurante delle dinamiche di mercato, si ostinerà invece a proseguire la propria linea. Jon faticherà non poco a comprendere il loro modus vivendi poiché essenzialmente interessato al successo e all’attenzione mediatica. Proprio l’ossessione di Jon per la vera identità di Frank, il suo materialismo e la sua sfrenata ambizione legata ad una totale mancanza di talento, sconvolgeranno l’equilibrio già di per sé precario della band e soprattutto di Frank, costretto suo malgrado ad uscire allo scoperto.
Il regista Lenny Abrahamson (Garage, Adam & Paul) fa un ottimo uso dell’eccentricità dei protagonisti del suo film calandola in un’atmosfera gioiosa e surreale ma anche profondamente toccante e sconvolgente. Frank, pur essendo una commedia molto piacevole, richiede un pubblico con grande elasticità mentale capace di intraprendere, come i personaggi del film, un viaggio alla scoperta dell’identità di un uomo che ha trovato il modo di convivere con la propria stranezza. Frank incita la sua band a trovare l’ispirazione nei modi più bizzarri possibili, sempre in equilibrio tra genio e follia, senza che questo non abbia delle dolorose conseguenze. Un film dunque satirico, capace di omaggiare l’arte di nicchia, servendosi dell’assurdità del processo di creazione artistica della band e della sua comicità. Lo sguardo di Frank sulla natura umana va ben oltre la sfera musicale laddove un ragazzo, mentalmente instabile che senza una maschera vivrebbe la sua vita da outsider, deriso e schernito da tutti, viene qui salutato come una figura profetica, un punto di riferimento insostituibile. Il film non è assolutamente privo di difetti poiché incapace di trovare un equilibrio tra la qualità della sceneggiatura e delle performance musicali piuttosto sottotono, registrate live dal cast stesso. Nonostante ciò, la caratterizzazione dei personaggi e la loro dimensione emotiva è delineata talmente bene da lasciare che le emozioni assumano un valore totalizzante.
Frank è l’ennesima prova del talento e della versatilità di Michael Fassbender, capace di passare dal cinema di genere fantascientifico e supereroico (300, Prometheus, X-Men - L’inizio) a film dai tratti più intimisti e autoriali, come Hunger (2008), Shame (2011) e 12 anni schiavo (2013), che hanno consolidato il sodalizio con il regista Steve McQueen. In Frank un Fassbender inedito riuscirà a farvi ridere, sorridere e commuovere benché privo del suo volto per più della metà del film. Quando la sua maschera si frantumerà, Frank si spoglierà di un’identità che ha faticosamente costruito sin da adolescente per mostrare la sua vulnerabilità che è anche la sua vera bellezza, per quanto non accessibile a tutti.
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