Recensione di Io sto con la sposa | Doc impegnato, più per la tv che per la sala
Recensione di Io sto con la sposa di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry: Doc impegnato on the road, più reportage tv che opera cinematografica
4 giorni, 3.000 chilometri, dall’Italia alla Svezia: è questo il progetto di un gruppo di siriani e palestinesi clandestini, fuggiti dalla guerra e arrivati a Lampedusa, dove incontrano un giornalista italiano e un poeta siriano-palestinese (Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, anche registi insieme ad Antonio Augugliaro, esperto montatore e produttore) i quali decidono di aiutarli travestendo una serie di amici da corteo nuziale e una ragazza siriana da sposa, in modo da non dare nell’occhio e non rischiare l’arresto come contrabbandieri, un pericolo purtroppo assai concreto.
Un po’ alla stregua della celebre vicenda raccontata in Argo, e sull'onda perciò dell’idea del cinema e dell’arte che salvano la vita, la compagnia della sposa, sotto copertura, inizia così un viaggio cronicizzato a sei mani, da Marsiglia a Copenaghen fino alla destinazione finale dei protagonisti; i titoli di coda ne sigilleranno poi il destino, ancora ricco di interrogativi dolceamari.
Io sto con la sposa è dunque un documentario on the road che segue le tappe geografiche del viaggio/fuga, vivendolo in presa diretta e sulla pelle, non costruendo nulla ma lasciando accadere la realtà e le sue avversità, muovendosi con levità su un terreno bruciante, facendosi gesto che è allo stesso tempo di libertà e sogno ma anche politico, un'azione "contro". Oltre a documentare l’esperienza del cammino attraverso un pezzo d’Europa, Io sto con la sposa accoglie le confessioni dei pellegrini che raccontano le loro vicissitudini, le speranze in un futuro incerto e le disillusioni su un presente incrinato.
Per quanto le parole dei clandestini protagonisti del doc siano spesso toccanti, e le intenzioni (oltre che il risultato effettivo!) alla base della pellicola indubbiamente nobili, andando però al sodo filmico, alla grammatica cinematografica e al valore complessivo dell'opera, sono davvero poche le briciole d’interesse che ci si ritrova fra le mani, come critici più che spettatori (non neghiamo che una parte di pubblico, abituato a reportage giornalistici in questo stile, possa apprezzare e magari appassionarsi). Perché trattasi di un diario di viaggio piuttosto amatoriale, addirittura quasi un filmino delle vacanze – giacché gli ostacoli e i momenti di tensione di un percorso perennemente sul filo del rasoio sono quasi nulli.
Insomma, più che un film da presentare (sebbene fuori concorso) nella categoria Orizzonti a Venezia 71 – selezione, questa, che ci pare più che altro rispondere ad esigenze “doverose” e “necessarie” – Io sto con la sposa troverebbe dignitosamente la sua collocazione più adatta all’interno di un programma d’inchiesta, per il suo approccio televisivo e l’andamento più improvvisato che narrativo. Il cinema, semplicemente, non abita qui.
Voto della redazione:
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