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Autore Giulia Marras :: 18 Novembre 2015
Locandina di In fondo al bosco

Recensione di In fondo al bosco | Prima produzione cinematografica di Sky Italia direttamente per il grande schermo, il film del giovane Stefano Lodovichi sorprende per il coraggio di affrontare il genere, nonostante il conformismo al classico

Secondo lungometraggio per il giovane regista Stefano Lodovichi (32 anni), dopo Aquadro del 2013, In fondo al bosco si inserisce tra le ultime e coraggiose produzioni che per prime si affacciano sulla scena italiana con nomi nuovi (soprattutto nell'importante cast tecnico) nel cinema, senza venire testati per lunghi periodi di prova in televisione o nel web. Pur se con la grossa protezione alle spalle di Sky e della Trentino Film Commission, con un “presunto” low budget, Lodovichi, insieme alla sua squadra di altrettanto giovani autori alla sceneggiatura, riesce a confezionare un thriller (finalmente) degno di questo nome, risvegliando un genere in Italia da tempo assopito e guardando con un occhio spalancato, senza timori, al grande cinema contemporaneo, da Polanski a Lars Von Trier, ma anche Shyamalan e Nolan.

Ispirato dalla festa mitologica dei Krampus, che avviene ogni 5 dicembre in Val di Fassa con una sfilata di diavoli travestiti tra cui, secondo la leggenda, si nasconde il vero Satana pronto a punire i bambini cattivi, In fondo al bosco si ricollega anche ai diversi esempi di cronaca che negli anni hanno riportato l'effettiva scomparsa di alcuni bambini durante la notte della festa. Così Tommi, il piccolo protagonista del film, sparisce, lasciando una famiglia distrutta e il padre come principale sospettato di omicidio e occultamento del cadavere.

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Su una struttura non particolarmente originale ma funzionale, il presente, ambientato cinque anni dopo il tragico evento, si alterna ai flashback nel bosco, durante le ricerche; la fotografia e la ricerca cromatica assecondano i salti temporali, virando da un rosso bruciante e diabolico ai ciano e ai bianchi gelidi di tormenta metereologica e psicologica. Così anche la stessa texture dell'immagine, anche in una stessa sequenza, sfuma dal nitido al granuloso, seguendo il livello espresso di ambiguità sovrannaturale che pervade la pellicola, nonché di incomprensioni e battaglie quotidiane che coinvolgono i protagonisti. L'isolamento territoriale delle Dolomiti aiuta certamente a concentrare l'azione su poche, efficaci dinamiche narrative, senza lasciar andare la sceneggiatura a inutili deviazioni dal nucleo più semplice e umano, la natura manichea del tempo, dello spazio e dell'anima, tra il giorno e la notte, il fuori e dentro, il bene e il male.

Non esultiamo, certo: le note di speranza per un futuro roseo di Lodovichi possono anche fermarsi qui. A parte un'affascinante colonna sonora, il regista sembra bloccarsi nella sua stessa visione; non conclude le sperimentazioni accennate (accentuare lo spirito immaginifico e mistery della festa tradizionale dei Krampus sarebbe stato molto interessante, e invece abbandonato inspiegabilmente) e si lascia andare a un linguaggio di genere consolidato e largamente conosciuto. Anche la violenza (in quanto sentimento che anima questo tipo di processioni di folklore) è relegata al fuori campo, come per paura, il che non combacia propriamente a un racconto di stampo thrilleristico.
Più vicino a Il sospetto di Thomas Vinterberg che non ai nomi prima citati, In fondo al bosco rimane comunque un prodotto onesto e godibile e Lodovichi una buona promessa per il futuro.

Trailer di In fondo al bosco

Voto della redazione: 

3

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