Recensione di Lucy di Luc Besson con Scarlett Johansson: Godibile blockbuster che mixa frettolosamente fantascienza filosofica, action e hero movie: prendere o lasciare
L’idea dell’essere umano in grado di accedere a tutte le proprie capacità cerebrali utilizzandole all’ennesima potenza - al contrario del basso impiego quotidiano che normalmente ne facciamo - non è nuova ai nostri occhi, giacché era già stata alla base di Limitless, un film neanche malaccio in cui uno sciupato Bradley Cooper veniva formattato da un farmaco divenendo un genio. In questa pellicola firmata Luc Besson la “fortunata” portatrice è l’ordinary woman Lucy, ritrovatasi involontariamente corriere della droga per conto di un gruppo di narcotrafficanti asiatici il cui boss è Choi Min-sik, sempre un bel vedere (recitare).
La prima parte, col pasticcio che travolge la protagonista, stenta a coinvolgere, ma il curioso oggetto bessoniano pian piano decolla dal momento in cui finalmente Lucy entra in metamorfosi e, percentuale dopo percentuale, porta a compimento l’evoluzione del cervello umano (della specie?) applicando sempre più in grande le abilità neuronali. Dopo una trasformazione che fa molto cinecomic, la ragazza è convertita in una bionda macchina da guerra scena dopo scena sempre più infallibile e indistruttibile, mentre a latere Morgan Freeman nell'usuale tenuta da saggio praticamente ci spiega ciò che stiamo vedendo, con tanto di immagini di repertorio tipo note a piè pagina. Ma se inizialmente il superpotere di Lucy la tramuta appunto in una ninja seducente ben addestrata, parendo un pretesto per renderla supereroina robot multitasking, nella seconda parte ambientata in territorio francese Lucy si gonfia di hero movie e sci-fi magniloquente, e prorompe in un'accelerazione visiva drogata quasi fantasy, fino al delirio ipertrofico spaziotemporale dei 25 minuti finali, che confermano l'essenza primaria del film: puro intrattenimento ingenuo e un po’ spaccone, in dosi abbondanti.
Se è vero che le incongruenze sono parecchie, e che il potenziale di tale soggetto è sottosfruttato e avrebbe meritato più ampiezza, sfumature e stratificazione, perché qui si rinuncia allo scavo virtual-filosofico preferendovi l’action (vedi l'inseguimento in macchina tipo corsa a ostacoli videoludica) e la spettacolarizzazione della sovrannaturalità cerebrale, è anche vero che ci troviamo di fronte a un divertissement di quelli che a Besson non venivano da anni, basti pensare all’ultimo pessimo Cose nostre – Malavita e al blando Adèle e l'enigma del faraon. Tenuto conto che non ci troviamo certo di fronte a un nuovo Léon o Angel-A, considerato che di palpito ed emozioni umane Lucy è carente, potevamo avere un trattato filmico metafisico denso e accurato, abbiamo invece un godibile b-movie indolore e di rapida fruizione (un’ora e venti liscia liscia). Sta a voi decidere se accontentarvi o meno. Noi ci siamo divertiti.
Voto della redazione:
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