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Autore Alessandro Tavola :: 29 Settembre 2015
Locandina di Padri e figlie

Recensione di Padri e figlie di Gabriele Muccino con Russell Crowe, Amanda Seyfried, Diane Kruger: nonostante le ambizioni e le idee chiare, il regista de "L'ultimo bacio" neanche questa volta riesce a portarci via il cuore come vorrebbe

Nuovamente intimista ed eccessivamente ambizioso, Padri e figlie è il nuovo film di Gabriele Muccino con Russell Crowe e Amanda Seyfried, protagonisti paralleli legati a doppio filo.

Alla sua quarta opera in terra statunitense, il regista romano non sembra in grado di ritrovare quell’alchimia tra sé e lo script che aveva sancito la fortuna de La ricerca della felicità, scegliendo anche questa volta un soggetto spigoloso, convulso, e difficile da gestire.

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Da un lato abbiamo l’emisfero dolceamaro del rapporto padre-figlia (Russell Crowe e la piccola Kylie Rogers), dall’altro quello adulto e smarrito della vita di lei (Amanda Seyfried) dopo la morte di lui, divisa tra solitudine, psicanalisi, il proprio lavoro di assistente sociale e, soprattutto, una voragine affettiva colmata da una quantità sovrabbondante di sesso con sconosciuti: materiale disparato che, per come presentato, si muove sempre sul precipizio del superfluo, dell'assenza di gusto, dell'infantile, dell'eccesso di semplificazione. Perché, seppur siano ben chiare le intenzioni, far combaciare tutte queste spinte emotive necessita un lavoro di fino e un’idea di montaggio che vadano oltre gli automatismi del contrasto e della semplice sbobinatura dei traumi.

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Con Padri e figlie sembra di assistere a due film incrociati, senza che nessuno completi esaurientemente l’altro. Il problema principale dell'opera è che i tanti segmenti presi singolarmente funzionano, e talvolta anche bene, ma è nel momento in cui devono comunicare tra loro che l’intero impianto delude.
Muccino non si risparmia, tra marchi di fabbrica e virtuosismi: piani sequenza umanissimi e febbricitanti, rincorse amorose esagitate, angoli di familiarità strazianti; ma tutto va per i fatti propri e la struttura del film non riesce mai a crescere, rimanendo un cantiere continuo di emozioni sparse tutte al suolo.
Crowe impacciato ed accorato, Seyfried sensuale e distrutta funzionano egregiamente, ma Padri e figlie non riesce a farci sentire il flusso di sangue e sensazioni che dovrebbe intercorrere tra quello scrittore rovinato dai propri errori e dalla malattia e quella ragazza ubriaca che non riesce a tenersi in piedi in un bar qualsiasi prima di andare a casa di due sconosciuti (e di certo non possono bastare un juke box e una canzone, fino a poco prima inesistente nella pellicola, per trascinarci via improvvisamente).

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Probabilmente, come con Sette anime, il regista s’è ritrovato attratto da un sistema troppo complesso per le sue corde, anche se questa volta i risultati sono infinitamente meno disastrosi. Ma Padri e figlie rimane un film inconcludente – o, meglio, inconcluso – nel momento in cui i suoi meccanismi e le sue intenzioni sono allo stesso tempo lampanti ed inermi.

Trailer di Padri e figlie

Voto della redazione: 

2

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