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Autore Giulia Marras :: 28 Maggio 2015
Locandina di San Andreas

Recensione di San Andreas di Brad Peyton con Dwayne Johnson | Classico disaster movie in cui né l'ironia né gli effetti speciali riescono a salvare dal precipizio la pellicola che doveva definitivamente incoronare The Rock come nuovo eroe americano

Dopo anni, Lost continua a essere una maledizione per i suoi creatori: dopo la delusione Disney Tomorrowland, nato dalle mani di Damon Lindelof, tocca a San Andreas distruggere (o sfatare) una volta per tutte il talento degli autori che si celavano dietro a una delle serie tv più importanti degli ultimi decenni. La sceneggiatura del nuovo catastroficissimo blockbuster hollywoodiano appartiene infatti a Carlton Cuse, la seconda mente di Lost insieme a Lindelof, dopo l'abbandono di J. J. Abrams. Non vi sono tracce dei temi lostiani, a parte una chiara citazione di una famosissima e struggente scena (Not Penny's Boat): i traumi e le redenzioni fanno parte del pacchetto, è vero, ma il centro del lavoro del regista Brad Peyton non si preoccupa che del big disaster in ballo. E intanto lo sceneggiatore non solo si perde per strada, ma inciampa più volte con sdegnato imbarazzo dello spettatore più avvezzo al genere.

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Questa volta a far paura è il terremoto, catastrofe molto più tangibile e presumibile di altre, qui materializzata nella minaccia reale della grande falda tettonica di Sant'Andrea in California. Il timore più tragico di Los Angeles e di Hollywood prende qui vita, in una sorta di esorcizzazione della distruzione del mondo della finzione e degli effetti speciali, spostando però la calamità a San Francisco, terra di hippy e democratici. Ma questo non è il caso di apocalissi naturali, metafore bibliche o allarmi ambientali e climatici: la forza distruttrice di San Andreas è puramente casuale e gratuita, nella violenza sadica e masochista di una tabula rasa che non tiene conto degli eventi drammatici realmente accaduti soltanto negli ultimi decenni. L'effetto spettacolare del 3D non risulta né magnificente né divertente, solo disturbante, e neanche provocatorio. Si dirà: ma San Andreas è soprattutto un film sulla famiglia; sì, quella tradizionalissima, nella quale il divorzio è un problema da risolvere, il nuovo compagno di lei un vigliacco, il marito e padre Dwayne Johnson il grande eroe abbandonato e solitario che dall'alto di un elicottero salverà il mondo, leggasi “chi gli pare a lui”. Allo stesso tempo, The Rock è quasi sminuito nel suo stesso ruolo da novello Schwarzenegger, ridotto a mero conducente di qualsivoglia mezzo di trasporto per il recupero della moglie prima, interpretazione di Carla Gugino riassumibile nello sconsolato “Che disastro!” di fronte alle rovine della città, e della figlia (Alexandra Daddario) poi, l'unica che riesca a farci una decente figura in mezzo a personaggi maschili inadeguati e zoppicanti, tra cui un Paul Giamatti nella svilente parte del classico scienziato a cui nessuno dà ascolto e si riscatta attraverso il medium televisivo.

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San Andreas è ben lontano anche dalla pretesa di rappresentare la fine del liberismo o del capitalismo occidentale, come possono farlo solo i Romero, gli Spielberg o i Boyle, e inoltre non tenta neanche di celare il suo americacentrismo: alla fine del terribile terremoto, in cui si è dato sfarzo di ogni tecnica spettacolare possibile, sul Golden Gate Bridge sventola vittoriosa una bandiera a stelle e strisce. “E ora?” “E ora ricostruiremo tutto...” esclama placido The Rock, davanti le macerie della civiltà. Forse intendeva con il CGI...

Trailer di San Andreas

Voto della redazione: 

1

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