Recensione di Fast & Furious 7 | Il nuovo capitolo della saga dopo la scomparsa di Paul Walker si attrezza di controfigure e CGI per colmarne la mancanza: l'illusione c'è, così come le imprese automobilistiche sempre più spettacolari
«Serbo nell’intimo la convinzione che le due cose più filmate nella storia del cinema siano il sesso e le automobili.»
David Cronenberg
Se in Crash di Cronenberg l'incidente automobilistico era l'esplicita perversione del rapporto tra morte e appagamento sessuale, in Fast & Furious 7, quando l'accostamento con il sesso è ormai dato per assodato ed esplicitato continuamente dai culi e tette in bella mostra che riescono a svilire tutti i sessant'anni di femminismo moderno, la morte non è certo elaborata come nel capolavoro cronenberghiano, ma soggiace però in sottofondo come fantasma da inseguire e scacciare.
Come non potrebbe d'altronde? Date le circostanze che hanno visto la produzione del film segnata dalla scomparsa di Paul Walker nel bel mezzo delle riprese (e per giunta in uno schianto con una Porsche), l'evento tragico è l'elefante nella stanza che si nasconde dietro i trucchi del cinema e del CGI.
In Fast & Furious 7 la morte non è contemplata neanche per un attimo, eppure è ciò che si cerca e contro cui si lotta in ogni istante: la gente precipita dai palazzi, si lancia in frontali volontari, si getta con le auto dai burroni, dagli aerei, ma non muore mai. L'inverosimilità diviene qui un meccanismo obbligatorio per arrivare all'immortalità; elusione della fine (compresa la stessa conclusione della saga) e della realtà (che poi è scopo ultimo del cinema). Eppure è proprio la realtà, con la sua faccia funesta e lugubre, che attraversa ogni respiro del film e dei suoi protagonisti: la morte da qualche parte esiste, ma non qui, dove non è possibile accettarla per non deludere il pubblico.
La sopravvivenza è marcata in maniera forzata, ampliandone la scarto con la vita fuori dal cinema, che all'attore protagonista ha destinato tutto un altro destino. Da subito si vuole sfuggire alla morte, anche simbolica: quella d'ufficio, fatta di timbri e scartoffie, di Hobbs – Dwayne “The Rock” Johnson, o quella familiare di Brian – Paul Walker, fatta ormai di pannolini e monovolume. “Cars don't fly (le automobili non volano)” ripete Brian al figlio avuto dalla sorella di Dom Toretto – Vin Diesel: Fast & Furious non è così altro che la fantasia di un bambino divenuta realtà, solo ancora più improbabile e violenta.
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Tralasciando quel senso di inquietudine che permea anche la più spensierata delle visioni, nel riferimento meta-testuale che tocca realmente la morte avvenuta nello stesso modo in cui gli attori della saga tutta testosterone e motori la sfuggono, Fast & Furious 7 è il solito videogame adrenalinico e tamarro in cui lo spettatore è mantenuto costantemente con il fiato alla gola, tramite una colonna sonora onnipresente e scene memorabili ai limiti dell'assurdo e del ridicolo. Ma in fondo esplosioni, scontri, sparatorie, risse, inseguimenti senza cognizione apparente di causa o alcuna logica narrativa, insieme alla guerra spianata contro il cattivo di turno e battute ad effetto sicuro hanno fatto da sempre la fortuna dei blockbuster d'azione hollywoodiani e la faranno anche stavolta, senza troppo badare agli espedienti di risurrezione tecnologica di chi li interpreta. O senza preoccuparsi neanche della solidità della sceneggiatura o delle sfumature dei personaggi ormai standardizzati e meccanici. E nemmeno delle interpretazioni, nel momento in cui la faccia basita di Vin Diesel sembra praticamente dettata dagli F4 degli sceneggiatori di Boris. Ogni elemento con cui si costruirebbe solitamente un film o anche una critica di esso è qui spazzata via: il nonsense di Fast & Furious non può che divertire e intrattenere con mestiere per tutte le due ore e venti di durata. E inoltre l'addio di Diesel al fratello di corse Paul Walker commuoverà sicuramente gli appassionati della saga.
Godetevi lo spettacolo: la morte è sconfitta.
Voto della redazione:
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