Un pesante provvedimento del governo australiano rende lecito cacciare e uccidere ogni squalo che si aggiri entro tre miglia dalla costa: il film di Spielberg e il mito dello squalo bianco assassino sembrano influenzare più della verità scientifica
L'Australia usa il cult di Steven Spielberg per strumentalizzare tragedie dovute al caso in favore di una crociata politica contro gli squali che si avvicinano alle coste del paese: questa la tesi di Christopher Neff, lettore presso l'Università di Sydney, che ha indagato gli effetti devastanti del film Lo squalo del 1975, che ha portato le persone a credere che lo squalo bianco (o squalo in senso ampio) sia un animale assassino che perseguita l'uomo. Complice è sicuramente la sagoma dello squalo che consisteva, nel film, nell'unica forma di effetti speciali di cui il regista si potè avvalere in quell'occasione, che non ha mai consentito di distinguere la bestia finta da quella reale: fu la fortuna del film e la crisi psicologica per i bagnanti.
Ma la realtà è che non è mai accaduto che un grande squalo bianco attaccasse l'uomo come si vede fare ai danni dei poveri abitanti dell'isola di Amity. E si è arrivati al punto che il "Jaws Effect", come lo chiama Neff, abbia influenzato a tal punto l'immaginario che un provvedimento governativo nell'Ovest dell'Australia permetterà all'uomo di uccidere squali senza motivi giustificabili e al contempo non risolverà nulla al fine di rendere la spiaggia più sicura.
[Leggi anche: Lo squalo: 5 curiosità sul film di Spielberg]
Il nome di questo provvedimento è l'inquietante "Imminent Threat", che consiste nella possibilità di catturare e uccidere qualsiasi squalo graviti entro tre miglia nautiche dalla costa: l'azione è ammessa in caso di "imminent threat", appunto, ma chi distingue quando il pericolo è imminente da quando non lo è? Il panico porta tendenzialmente le persone a sopravvalutare il pericolo.
Una norma simile era entrata in vigore nel 2000, ma l'intervento di cattura era successivo a un attacco provato da un morso, ora l'azione è addirittura preventiva e potrebbe risultare dannosa all'animale e quindi all'ecosistema. Per esempio, sarebbe sufficiente la paura del ritorno dello squalo verso la costa, che sottintende la volontà dell'animale di reiterare una violenza sull'uomo: falso, poiché le uniche due fonti di questo atteggiamento sono il film di Spielberg e il libro derivato da esso Shark Attack di Victor Coppleson, scritto nel 1958 e basato sulla teoria dello squalo assassino elaborata da questo dottore di Sydney dopo la Prima Guerra Mondiale.
Da qui il credo comune che uno squalo, dopo un morso, sia portato a mordere ancora e a divorare l'uomo. Tutto questo veniva supportato anche dalle teorie dei colonizzatori inglesi nei territori indiani nei primi decenni del Novecento, che iniziarono a dichiarare la natura aggressiva della tigre del Bengala, dell'elefante indiano e così via...
Per altro la norma entrata in vigore non rispetta il presupposto di convivenza tra uomini e squali e tutti sanno che negli Stati Uniti, per esempio, il nuotare nell'Oceano è sottinteso "a proprio rischio".
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