Ritratto di Silvia Ricciardi
Autore Silvia Ricciardi :: 13 Luglio 2015

Analizziamo due pellicole, "Tra l’incudine e il martello" e "Le avventure del barone di Münchausen", in cui le scene di nudo rivelano una precisa volontà registica, chiamate ad esprimere parte del significato dell’opera cinematografica...

Le avventure del barone di Münchausen

Il nudo può essere considerato una forma d’arte, un mezzo di espressione, lo confermano alcune scene di pellicole divenute film cult della storia del cinema, che nulla hanno a che vedere con i sintomi della volgarità. Prendiamo in considerazione due pellicole in cui le scene di nudo rivelano una precisa volontà registica, chiamate ad esprimere parte del significato dell’opera cinematografica.

Film appartenente al genere drammatico, prodotto in Australia, diretto dal regista Ann Turner ed interpretato da Charlotte Rampling e Russell Crowe… stiamo parlando di Un piccolo grande eroe, noto anche con il titolo Tra l’incudine e il martello. Ebbene, in questo film, datato 1993, un giovanissimo Russell Crowe, di appena 29 anni, attraversa un fiume nell’Outback cavalcando un destriero senza indossare alcun indumento. Questa scena è emblematica dell’intero film, in quanto vuole enfatizzare il desiderio di libertà e di stretto, intimo contatto con la natura ed i suoi esemplari, contatto che l’uomo cerca di instaurare nonostante le problematiche imposte dalla società. Il personaggio interpretato da Crowe, East Driscoll, è un cowboy solitario che intesse un forte legame con il quattordicenne Alan Marshall, affetto da poliomelite e quindi costretto a camminare utilizzando le stampelle. Il sogno del giovane Alan è di divenire un grande cavallerizzo, dunque il suo desiderio di ottenere la più assoluta libertà, lontano dalle costrizioni fisiche e sociali, è incarnato dalla fierezza del suo eroe East Driscoll.

Appartenente al genere fantastico, misto a tracce di avventura, è il film Le avventure del barone di Münchausen, datato 1988 e diretto da Terry Gilliam. Nell’ambiente favolistico dipinto dalla pellicola emerge da una conchiglia di botticelliana memoria la dea Venere, interpretata dalla diciottenne Uma Thurman. Arte e cinema si fondono e confondono nella scena in cui Uma Thurman interpreta proprio la dea ritratta magistralmente dal Botticelli, assumendone la posizione, lo sguardo e la completa nudità, propria di una scena filmica che vuole confrontarsi esplicitamente con il dipinto del Cinquecento. Anche in questo caso il connubio tra arte e Settima Arte è totale.

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