Shonda Rhimes, la Regina della tv Made in Usa, torna con un gineceo di protagoniste votate al successo
Shondaland sembra il nome di un parco dei divertimenti e invece è una società di produzione televisiva fondata da Shonda Rhimes, classe 1970, sceneggiatrice e a oggi creatrice di tre serie televisive campionesse d’ascolti: Grey’s Anatomy, Scandal e la neonata How To Get Away With Your Murder.
Secondo il Time la Rhimes è una delle personalità più influenti in America e non c’è quindi da stupirsi che la Abc, network più seguito in Usa nonché figlio legittimo di mamma Disney, abbia deciso di dedicare ai tre show nati dalla fantasia dell’afroamericana più importante del mondo della serialità un’intera prima serata.
Thanks God it’s Thursday suona il motto, correlato da relativo hashtag #TGIT, che la Abc ha coniato per i prodotti made in Shondaland e che ogni giovedì si impadroniranno, a partire dallo scorso 26 settembre e fino a maggio prossimo, della prima serata.
Un gineceo di protagoniste, due già note al grande pubblico, Ellen Pompeo, al secolo Meredith Grey interprete principale di uno del più longevi medical drama Grey’s Anatomy, e Kerry Washinghton che in Scandal veste i panni dell’ex addetta stampa della Casa Bianca e amante perpetua del Presidente, Olivia Pope, e una che ha il volto e il carisma del Premio Oscar Viola Davis la quale esordisce quest’anno nelle vesti di un avvocato senza scrupoli nella nuova serie firmata Rhimes How To Get Away With Your Murder.
Il segreto di Shonda Rhimes, e delle sue serie televisive, sta prima di tutto nel rivolgersi, attraverso forti e al contempo fragili e affatto infallibili figure di donne in carriera, al pubblico femminile unendo la coralità e la promiscuità di un soap opera a un genere televisivo come il medical drama, il political thriller o, nel caso di How To Get Away With Your Murder, il crime. In più le serie prodotte in Shondaland tentano di non strizzare mai l’occhio alla qualità e alla coerenza narrativa cinematografica ma rimangono, con i limiti del caso, ancorate al mondo della serialità fatto di suspance e di avvenimenti che la pompano attraverso una sceneggiatura che in alcuni punti è borderline tra il reale e il surreale. In un panorama televisivo dove sembra che i prodotti del piccolo schermo stiano sfidando quelli cinematografici tanto che anche i festival dedicati alla settima arte mettono in programma anteprime nate per la televisione (è accaduto a Venezia con Olive Kitteridge e accadrà a Roma con The Knick), Shonda Rhimes sta al suo posto e punta alla continuità. Punta alla serialità dura e pura, quella populista e popolare fatta di fidi spettatori che attendono, pazienti, settimana dopo settimana cosa accadrà ai loro beniamini.
E pare, ascolti alla mano, che questo attenersi alle regole puramente televisive funzioni calcolando che sono undici anni che Grey’s Anatomy miete fan e, nonostante questa stagione sia orfana di uno dei personaggi più amati che per dieci serie è stato interpretato da Sandra Oh, comunque gli spettatori sono stati oltre dieci milioni. Stessa cosa vale per Scandal, dove la protagonista sembrava scomparsa e invece e ritornata per portare alla luce i segreti più infimi della casa bianca in una quarta stagione il cui pubblico che ha superato i dodici milioni, mentre il Premio Oscar Viola Davis nei panni dell’avvocato Annalise Keating ha esordito con più di quattordici milioni di adepti.
La Rhimes è la dimostrazione che se il gioco televisivo lo sai giocare non serve strafare con la presunzione di mettersi a confronto con il cinema per vincere. E vincere bene.
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