Presentato a Venezia il nuovo progetto di Miu Miu Women’s Tales dove quest’anno anche la grande Agnès Varda compone il suo cortometraggio, "Les 3 boutons"
Alla sua edizione 2015, il progetto finanziato da Miu Miu, Women’s Tales, è stato presentato anche quest’anno al Festival di Venezia. Dieci cortometraggi che sfiorano appena il tema dell'eleganza e omaggiano gli abiti Miu Miu, esaltando la femminilità del racconto.
Le dieci registe coinvolte - Zoe Cassevetes, Lucrecia Martel, Giada Colagrande, Massy Tadjedin, Ava Du Vernay, Hiam Abbass, So Yong Kim, Miranda July, Alice Rorwacher, Agnès Varda - hanno quindi prodotto un racconto breve che scendesse nell’intimo femminile traendo ispirazione degli abiti creati dalla grande casa di moda.
In mezzo alle giovani promesse, spicca il nome della veterana Agnès Varda, classe 1928: Palma d’Oro onoraria al Festival di Cannes di quest’anno, nel lavoro commissionato da Miu Miu la regista decide ancora di mescolare i linguaggi e giocare non solo con la narrazione, ma anche personalmente con il suo personaggio, una quattordicenne pescata per strada (Jasmine Thiré) e coinvolta in questo prodotto leggiadro e scanzonato.
Les 3 boutons, cortometraggio di chiusura dei dieci di Women’s Tales, è una delicatissima riflessione sulla vita femminile veicolata da tre piccoli bottoni di una veste da studente. La protagonista, Jasmine, viene in principio e in pochissimi secondi, catturata nella sua umile vita di campagna, nel mungere le vacche (quasi ad illuderci che si possa trattare di un documentario); quando il postino le recapita un vestito porpora da sogno, effettivamente la ragazza comincia a sognare e a riprendersi la propria vita.
Il primo passo lo fa verso le profondità della terra, una grotta che rappresenta le sue paure, o i pensieri oscuri, o ancora una se stessa con cui è necessario confrontarsi prima di ritornare alla luce.
Citando nel suo viaggio le narrazioni di Jacques Prévert, la Varda decide di far camminare la sua Jasmine per quelle strade di Parigi, in cui lei è di casa da oltre cinquant’anni. La ragazzina passeggia allegramente e si imbatte in una crescita simbolica; ma più di tutto, perde tre bottoni, che fanno da titolo e commento a tutto il cortometraggio. Uno di questi, finisce nelle mani di un collezionista, che gli conferisce un posto speciale nella sua collezione: ogni piccolezza ha un significato nel mondo.
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“È emozionante perché in ogni scena che ho immaginato, questa ricca macchina è necessaria: i binari, i filtri, i grandi schermi che ammorbidiscono la luce o che al contrario, producono una profonda ombra. È sempre come se giocassimo con la realtà. Ecco quello è un mestiere, si chiama cinema.”, conclude la regista che, malgrado l’età, ancora adotta uno sguardo affascinato e ingenuo sulle meraviglie creative della settima arte.
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