Berlinale ricorderà il grande regista e sceneggiatore italiano con un suo film ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, "Uomini contro": un'opera di denuncia, così come la maggior parte della cinematografia di Rosi, un autore straordinario
Il Festival Internazionale del Cinema di Berlino offrirà il suo personale tributo al regista e sceneggiatore italiano Francesco Rosi, deceduto a 92 anni lo scorso sabato. In sua memoria il festival proietterà Uomini contro (1970), dramma contro la guerra ambientato sul fronte montano italo-austriaco durante la Prima Guerra Mondiale.
"La perdita di Francesco Rosi equivale alla perdita di uno straordinario filmmaker. Con il loro potere esclusivo, i film di Rosi hanno ancora oggi un potere molto persuasivo. I suoi film sono classici del cinema politicamente impegnato", queste le parole del direttore di Berlinale Dieter Kosslick. Già nel 2008 il Festival dedicò il suo Homage a Rosi, mostrando 13 dei suoi film e onorandolo con L'orso d'Oro alla carriera per i suoi meriti e traguardi artistici.
Nei suoi lavori il regista effettuò una critica sulla situazione politica, economica e intellettuale in Italia, spesso causando forti reazioni pubbliche. Uno dei suoi cavalli di battaglia resta Salvatore Giuliano, che vinse l'Orso d'Argento a Berlino nel 1962.
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La sua vita è raccolta nel volume-conversazione scritto da Giuseppe Tornatore, Io lo chiamo cinematografo, dove tanti sono i ricordi di Rosi, dalla gioventù alla descrizione delle esperienze sul set con i più grandi attori del suo tempo: "Con Alberto Sordi feci I magliari. Si rivelò un attore che sapeva andare oltre le sue corde comiche. Straordinario era Salvo Randone e un interprete mirabile fu Rod Steiger. E poi Gian Maria Volonté. Il suo professionismo rasentava la santità. Poteva ricopiare a mano per tre o quattro volte la sceneggiatura pur di entrare completamente nella parte. Fu una singolare figura di comunista radicale. Era difficile discutere con Gian Maria. Tutto diventava per lui decisivo, per questo, a differenza di Elio Petri, cercavo di non provocarlo. Uno degli ultimi attori con cui ho lavorato fu Vittorio Gassman in Dimenticare Palermo, fu toccante e straordinaria la sua interpretazione. Mi chiese come era andato, e la cosa mi apparve strana detta da lui. E poi pensai: guarda questo attore acclamato da tutti e reso così fragile dalla depressione".
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