Recensione di Wenn Aus Dem Himmel... (Quando dal cielo… ) | La poesia dell’immagine
Recensione di Wenn Aus Dem Himmel... (Quando dal cielo… ): Fabrizio Ferrario riunisce i due orgogli nazionali jazz Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura per regalarci un viaggio sensoriale sulla bellezza e la fugacità dell’immagine e della musica
Wenn Aus Dem Himmel... (Quando dal cielo… ) è dedicato “al vento del cinema”, all’aura filosofica che lo avvolge (e che esalta le origini del regista), facendo delle parole immagini, luoghi d'ispirazione e di ogni atto creativo pura ricerca della bellezza. Ci sono dentro “visioni che sfuggono inevitabilmente ad ogni vista”, interazioni tra suoni e gesti, tonalità del tempo e atmosfere di inesprimibile fugacità: passaggi di note che indicano la forma non misurabile del nostro vedere e che la musica, a volte, riesce a scandire e a modulare.
Fabrizio Ferrario riunisce i due orgogli nazionali jazz Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura dopo averli seguiti per tre anni, regalandoci i retroscena del loro album In Maggiore con un nobile fine: entrare dentro la musica. Ovvero renderla tangibile, mostrare la genesi dell’opera, la grazia eterea e vibrante del suono. Per questo l'autore di Penultimo Paesaggio si muove su un palcoscenico in sospensione, lungo il processo di registrazione in cui il suono prende vita e l’emozione (si) sente e (si) crea. Il suo è un film laboratorio che alla regia sostituisce la rivelazione e che pulsa soprattutto di suggestioni, di cromie (sequenze a colori e in bianco e nero), di ascolto di (e per) immagini.
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Ferrario rincorre l’ineffabile diventando l’occhio che l’attraversa, passa dalle tensioni espresse dal fiato di una tromba alla danza sinuosa di una schiena che si accende, languisce, si libra o si ritrae nella voce di un bandoneòn. Mostra il silenzio e il buio, rotea la camera verso la coralità degli strumenti oppure verso la loro magnifica solitudine. Osserva e rispetta la fatica intellettuale, ogni dettaglio su cui essa poggia, concedendoci estratti di brani, di incontri e di confronti.
È un dietro le quinte di concerti e di vite Quando dal cielo…, una romantica aporia di persone e di concetti. È la “fuga senza movimento” della musica, poggiata su luci in dissolvenza e su racconti, su quella umana necessità di cercare la poesia del momento e del sentire, di “ascoltare l’immagine” e di creare relazioni con essa; è un refrain senza tempo che saggiamente si discosta da celebrazioni e ignora elogi di marketing. Certo chiede (e merita) l’immersione completa nella sua densità sensoriale e nel suo ritmo malinconico, ma è un passo che il regista stesso invita a compiere (posizionandosi di spalle ai protagonisti) con l’intenzione di concentrarsi sull’azione e sul significato, su come esso viene colto e tradotto. Manca forse l’indizio che detta le scelte dei due musicisti, il motivo per cui approdano a un’intonazione anziché a un’altra, tuttavia anche chi non ha mai sentito parlare di accordi, di jazz o di Manfred Eicher (che per la prima volta si fa filmare al lavoro nell’auditorium di Lugano) può godere di 93 minuti di esplorazione musicale, dentro un viaggio in divenire.
Voto della redazione:
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