Recensione di Duri si diventa di Etan Cohen con Will Ferrell e Kevin Hart: una commedia troppo piccola e datata per l'interprete di "Anchorman" e "Blades of glory"
Con Duri si diventa ci troviamo di fronte ad uno dei Will Ferrell più canonici, distantissimo dalle sue performance comiche più esagerate e memorabili, ma anche dalle sue prove più magre.
Innocente ma prossimo alla galera, il manager James King chiede al gestore dell’autolavaggio che è solito frequentare (un uomo di colore che lui crede – per mera supposizione statistica – essere stato in prigione) di “insegnargli” a sopravvivere a San Quentin e principalmente agli abusi sessuali a cui dovrebbe andare incontro.
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Will Ferrell o funziona o del tutto o per niente. Questo suo è un personaggio dapprima anonimo, mal centrato, nemmeno sufficientemente odioso od ottuso, in una parola: generico. Se da un lato ciò permette di assaporare meglio gli step della sua progressiva trasformazione con l’insorgere di momenti sempre più psycho e deliranti (normale amministrazione per l’interprete dei due Anchorman), dall’altro non ci viene ripagata l’attesa data da un primo atto che sarebbe potuto appartenere a qualsiasi commedia dal pretesto finanziario. Kevin Hart è una spalla appena sufficiente, con una manciata di battute buone ma che non riesce a tenere quasi mai testa alle uscite di Ferrell, con una ridondante e stancante espressione da WTF? sempre stampata in viso.
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Il regista Etan Cohen (esordiente dietro la macchina da presa, in passato sceneggiatore di Tropic Thunder) mette insieme in modo fiacco le già poche idee a disposizione. Il plot va col pilota automatico, giocando quasi unicamente con stereotipi sessuali e sociali annacquati: abbiamo la gang di colore e quella di motociclisti nazisti, il broker senza scrupoli, i malintesi, le idiosincrasie personali e culturali, il nascondersi le armi nell’ano, una colonna sonora ammiccante (più per i brani hip hop classici che per il pop più recente) e quello che da decenni è l’apice della mancanza di inventiva, ossia lo showdown su una barca.
Duri si diventa è troppo occupato dai suoi piccoli affari da piccola commedia per dare spazio autentico alla comicità e questo Ferrell meno febbricitante del solito mal si coniuga con tutto questo: praticamente estraneo al tono dominante, sembra sottratto al suo habitat naturale, quello della parodia semiassoluta. A poco servono le fiammate isolate che ci propone in un contesto del genere, dal quale non sembra per niente stimolato e accolto. La sua demenza sarcastica ha bisogno di ben altri supporti per funzionare.
Voto della redazione:
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