Era stata annunciata nel 2015 e adesso si fa concreta la nuova Legge sul Cinema cinese che entrerà in vigore da marzo 2017
Finalmente si struttura il crescente mercato cinematografico della Cina, e dal prossimo anno sarà effettiva una Legge sul Cinema il cui cuore operativo è esplicitamente indicato come i valori dettati dal Comunismo: in altre parole, ecco in arrivo un serio mal di pancia per gli operatori del settore! Interessante questa versione della regolamentazione di uno dei business più massicci al mondo, i cui contenuti erano già stati anticipati a fine 2015 e che entreranno in vigore con tutta la loro forza dal 1° marzo 2017.
Potrebbe essere considerato un affare locale, se non fosse che il Governo ha esplicitamente sottolineato il divieto per le produzioni locali di collaborare con produzioni straniere che abbiano violato la morale indicata dalla legge. Nello specifico, il regolamento vieta contenuti che si schierano contro la legge e la costituzione, che nuocciano all’unità nazionale, alla integrità territoriale, che espongano segreti nazionali o mettano a repentaglio la sicurezza, la dignità, l’onore e gli interessi della Cina, che diffondano il germe del terrorismo o dell’estremismo. Sono inoltre proibite forme espressive che possano diffamare la cultura e le tradizioni cinesi. E qualunque collaborazione con soggetti che siano mai stati “dannosi alla dignità, onore e interessi della Cina” o che siano stati pericolosi per “la stabilità sociale o abbiamo urtato i sentimenti del popolo cinese” è interdetta. E in ciò si includono ovviamente tutte quelle posizioni simpatizzanti la causa tibetana o opinioni avverse alla visione del Partito sulla questione Uigura.
Accanto a questo, la procedura di richiesta della visura per la distribuzione passerà da un comitato di almeno cinque elementi di cui non si conosce tanto la provenienza quanto le dinamiche selettive, né il numero complessivo effettivo. Viene inserito un punto in elenco relativo alla battaglia alla pirateria, che in Cina è un settore ancora ben prolifico, affidando però ai teatri la responsabilità di controllare ed eventualmente allontanare chi venisse scoperto a registrare una proiezione.
Per ciò che riguarda le produzioni straniere, rimane l’impossibilità di produrre e distribuire in maniera indipendente in Cina; e, purtroppo, non è stato fatto cenno alla questione di maggior interesse, ovvero la famosa quota distributiva ammessa nelle sale cinesi. Ma pare essere stata riconosciuta l’esigenza di un film fund più nutrito e strutturato come di un sistema di sgravio fiscale.
Tuttavia, rispetto a prima c’è una grossa differenza che pare avere mosso discussioni e confronti nell’ambiente. Ovvero, la decisione della conformità di un’opera e il rilascio del Dragone Rosso in precedenza veniva fatto valutando la sceneggiatura; quindi era più probabile che un filmmaker trovasse degli investitori con la sua sceneggiatura approvata in mano (poiché la presenza del sigillo è da sempre sinonimo di accesso alle sale). Ora il semaforo verde verrà dato su un trattamento e la sceneggiatura verrà presentata a ridosso delle riprese per approvazione, e pure le amministrazioni regionali potranno farsi carico di questo; in altre parole, se in una regione si è fallito, si può tentare con un'altra. Questo però allontana (o impaurisce) potenzialmente i finanziatori.
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La richiesta di implementare un sistema di rating è stata invece nuovamente ignorata portando addirittura maggiore stress a livello di contenuti con questa strana faccenda dei valori comunisti. Inoltre, è stata confermata la limitazione imposta a coloro che partecipano a festival fuori dalla Cina senza visto di censura, a cinque anni di fermo produttivo. Insomma, autori di successo come Luo Ye o Jia Zhangke non avrebbero più la possibilità di proseguire la loro opera.
Intanto, una certa attività di ostruzione è già iniziata: oltre 60 film sono stati di recente rimossi da siti di streaming online a causa dei loro contenuti volgari o violenti. Una tale massiccia opera di rimozione non si era ancora vista: probabilmente il SAPPRFT, l’organo di censura cinese, sta affilando i coltelli per l’entrata in vigore della nuova legge il prossimo anno.
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