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Autore Marco Rovaris :: 21 Ottobre 2014

Il regista deve ancora vedere 300 film, ma il suo progetto sulla storia del cinema francese dagli anni '30 ai primi anni '70 promette benissimo: Tavernier si muove sulla scia dei documentari di Scorsese sul cinema americano e su quello italiano

Bertrand Tavernier

Il filmmaker francese Bertrand Tavernier sta producendo e preparando un ambizioso documentario sulla storia del cinema francese dagli anni '30 ai primi anni '70, ispirandosi ai lavori di Martin Scorsese Personal Journey through American Movies (1995) e My Voyage to Italian Cinema (1999), rispettivamente sul cinema americano e su quello italiano. Il titolo di quello che sarà uno sguardo appassionato di tre ore dovrebbe essere Journey into the Heart of French Cinema.

Tavernier, proprio come Scorsese nel documentario 'italiano', si muoverà anche sull'onda dei ricordi personali e delle persone incontrate durante la sua esperienza cinematografica. Infatti l'obiettivo è spaziare anche su compositori di musiche, sceneggiatori e su coloro che hanno lavorato dietro le quinte. Per la crescita del regista sono stati imprescindibili registi come Renoir, Duvivier e Ophuls; proprio attraverso loro Tavernier ha scoperto i grandi nomi di John Ford e altri maestri americani, sui quali il filmmaker ha scritto tanto: ma ora è venuto il momento di analizzare e raccontare le sue radici francesi, come quello che per lui è un capolavoro, Le Jour se lève di Marcel Carné, scritto da Jacques Prevert. 

Il documentario prenderà in esame anche le produzioni di Becker e Anatole Litvak, che fece delle ottime cose negli anni '30, così come ci sarà spazio per Maurice Turner e Raymond Bernard. Tante voci a cui pagare un giusto tributo, anche di coloro che non entrarono mai nel sistema che conta ma che hanno contribuito ad accrescere l'immaginario del regista: lo stesso vale per gli autori a cui i pezzi grossi hanno tagliato le gambe con i tagli alle pellicole, come spesso accadeva a Duvivier. Tavernier è molto legato alla lotta dei registi per il diritto al final cut contro la censura, i soldi e i produttori; la questione non era così problematica come il Codice Hays in USA, ma comunque fastidiosa per la libertà di espressione.

Si parlerà anche di Clouzot e Autant-Lara, a proposito del quale è da ricordare la vicenda circa il tentativo di violare il final cut del suo Il diavolo in corpo da parte del produttore. Il regista andò vicino a intentare una causa, ma, essendo presidente del sindacato dei tecnici cinematografici, si limitò a minacciare una mobilitazione generale per uno sciopero che avrebbe rovinato tutta l'industria cinematografica francese se qualcuno si fosse permesso di toccare la versione del film che lui voleva.

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Nel ventennio tra il 1930 e il 1950 il cinema francese era in mano a pochi gruppi, ma la maggior parte delle sale era di prorietà di singoli che possedevano anche cinque o sei cinema nella stessa provincia. E nella parte occidentale del paese la Chiesa Cattolica monitorava senza tregua la 'moralità' delle pellicole e, anche per una sola scena ritenuta di cattivo gusto, un film non veniva proiettato.

Al progetto patrecipano con entusiasmo Gaumont e Pathé, che forniscono tutto ciò che hanno in archivio, oltre a Canal Plus. Al documentario potrebbe anche seguire una serie per la TV.

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