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Autore Marco Rovaris :: 26 Marzo 2015

Lo storico studio di animazione divenuto ormai un simbolo per la cinematografia giapponese ha convinto la critica con "La storia della principessa splendente": ma i prodotti di Studio Ghibli sembrano non conquistare l'Occidente e i suoi giovanissimi

La storia della principessa splendente

Studio Ghibli ha stupito le platee con l'ultimo successo La storia della principessa splendente, grazie a una storia accattivante e a immagini raffinate e delicate. La scommessa del momento, però, della casa di produzione di animazione è riuscire a competere con le produzioni per ragazzi che arrivano dai grandi studios degli Stati Uniti: già, perché animazione non significa necessariamente prodotto per bambini e, se c'è una prerogativa che ha sempre contraddistinto i prodotti dello studio giapponese, è proprio la scelta di creare film senza un target preciso, bensì così ricchi e carichi di significato da poter essere accostati al meglio del cinema.

The Guardian si è posto la domanda con un paragone tra animazione nipponica e americana. Ovviamente è molto difficile riuscire a stare dietro ai successi commerciali come Big Hero 6 e Frozen, perché, innanzitutto, il marketing di questi ultimi è imbattibile anche solo dal punto di vista quantitativo e, inoltre, il cinema dello Studio Ghibli è notoriamente d'autore, si può dire, e spinge a una riflessione che va al di là della gag e del divertimento.

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Le avventure della principessa Kaguya hanno entusiasmato il pubblico, soprattutto quello di nicchia in terra giapponese affezionato alle produzioni dello Studio: per altro il film è stato anche in corsa agli ultimi Academy Awards. Questa settimana c'è stata una fortunata preview presso l'unico cinema indipendente del West End di Londra, il Prince Charles, definito da Quentin Tarantino la Mecca dei cinema indipendenti e ritenuto uno dei luoghi più accoglienti dagli amanti del cinema nella capitale inglese.

La proiezione era appaiata con un altro classico del regista Isao Takahata, Una tomba per le lucciole, un classico dello Studio Ghibli del 1988 che racconta le vicende di due bambini nella città giapponese di Kōbe dopo gli attacchi devastanti della seconda guerra mondiale. Entrambi i film sono così pregni di significati e di emozioni profonde da non essere, in realtà, costruiti prettamente per un pubblico di giovanissimi, anzi; il secondo film, attuale nella sua analisi ancora oggi, parla di disperazione, orgoglio, vergogna e solitudine in uno dei periodi più delicati per il Giappone durante il Novecento. 

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Una delle chiavi dovrebbe essere l'apertura delle menti dei più giovani occidentali a prodotti come questi, affinché questo tipo di animazione non resti un dono fruibile soltanto da coloro che sono cresciuti nel paese dove questi film sono prodotti; non sarà facile, comunque, scollare i bambini dai ritmi forsennati delle produzioni Disney o Pixar e dalle loro musiche goliardiche.

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