Recensione di American Ultra | Il fallimento degli eroi
Recensione di American Ultra | Nonostante l'ottima chimica tra i bravi Jesse Eisenberg e Kristen Stewart, American Ultra è una fresca action comedy sopra che le righe che purtroppo tradisce le aspettative per rimanere semplice parodia di genere
In ritardo di circa un anno rispetto alla prima uscita originale negli Stati Uniti nell'Agosto 2015, American Ultra è un divertito, e purtroppo semi-fallimentare, tentativo di ribaltare e parodizzare i codici del genere spy/action attraverso una stoned comedy con riferimenti alla graphic novel: in italiano, un pasticcio di toni, ispirazioni ed estetica che difficilmente avrebbe potuto trovare una felice combinazione se non per qualche mano brillante che, evidentemente, qui mancava. Eppure Max Landis, già sceneggiatore di Victor: La storia segreta del dottor Frankenstein, insieme al giovane regista anglo-iraniano Nima Nourizadeh, non si sono allontanati troppo dalla riuscita miracolosa di un progetto, già fumato di suo, che aveva dalla sua due nomi forti di punta, che una volta tanto significa anche due bravi attori (sorprendentemente anche in veste comica, ma che rivedremo già in ruoli più impegnati nel prossimo Woody Allen Café Society, in uscita in Italia questo Settembre) e una schizofrenia filmica degna di Tarantino.
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Paragonato da tutti a un Jason Bourne completamente fatto, American Ultra è accostabile anche a Pineapple Express-Strafumati, uno dei primi esperimenti comici della coppia Seth Rogen-James Franco, nella stessa spudorata ed estrema legittimazione della cannabis come sostanza inibitrice di pensiero autonomo e libertà creativa contro il corrotto sistema di controllo americano.
Alterato costantemente da un'aria ironica e surreale, American Ultra non si prende mai troppo sul serio, anche quando potrebbe, e da qui nasce probabilmente il suo insito fallimento; un insuccesso decretato ineluttabilmente dai critici americani (a parte un certo Stephen King) che però non tiene conto della natura effimera ed evanescente dei suoi stessi protagonisti: “sono reale?” chiede Mike/Eisenberg alla fidanzata Phoebe/Stewart, come lui un personaggio creato e scritto dalla CIA; entrambi sono frammenti di memorie sparse, come si evince dalle sequenze di banale derivazione malickiana o gondriana; quasi emanazioni stonate di quei Joel e Clementine di Eternal Sunshine of the Spotless Mind che si cancellano e si inseguono in uno spazio cinematografico vaneggiante che non può trovare posto nel delirio di una action comedy.
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Giocando con le aspettative degli spettatori, tradisce infine le sue, arrivando a un finale aperto che potrebbe presagire un sequel che probabilmente non arriverà mai: American Ultra muore nella sua poca ambizione, ed è un peccato perchè per quel poco che ci crede, diverte.
Voto della redazione:
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