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Autore Fiaba Di Martino :: 17 Marzo 2015
Locandina di The Divergent Series: Insurgent

Recensione di The Divergent Series: Insurgent di Robert Schwentke con Shailene Woodley e Kate Winslet: Come in un ciclo usurato e prestampato, il nuovo capitolo della saga young adult ricicla precedenti illustri e non, da Hunger Games a Maze Runner

Che ci sia qualcosa di fortemente stonato, di stancamente sbagliato e di pigramente meccanico in questo The Divergent Series: Insurgent, secondo capitolo della saga distopica young adult (basata sui romanzi di Veronica Roth), salta alla mente e allo sguardo già dai primi minuti. Con quegli squarci iniziali riassuntivi dell’episodio precedente e dello stato emotivo (allo sbando) della protagonista Tris, la momentanea quiete dei fuggitivi, le romanticherie giovanili dei due innamorati in mezzo alla guerra. E il senso di immagini che ritornano come in un ciclo usurato e prestampato - fatto di para-remake non dichiarati di precedenti più o meno illustri, di prodotti a catena di montaggio - acquista vividezza nel corso risaputo della narrazione: Tris è tormentata dalla morte dei suoi cari e teme di essere letale per chi la circonda (come Harry Potter e la Katniss di Hunger Games); scopre poi un determinante segreto familiare (come Clary in Shadowhunters); Evelyn/Naomi Watts è la controversa leader degli Esclusi, a sorpresa fazione alleata e guerrigliera (personaggio speculare a quello di Julianne Moore nella saga con Jennifer Lawrence, così come l'ambientazione che pare il Distretto 13); la rivelazione finale e le sequenze conseguenti rievocano come dentro un loop senza uscita sia la saga di Maze Runner - Il labirinto che il precursore The Giver, per non andare a pescare il paragone-plagio di Matrix. Un pattern logoro persino quando non copincolla: vedasi la sequenza dell’attacco e della fuga dai Pacifici, che segue una struttura pronosticabile a occhi chiusi - anzi, addormentati.

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Tutto procede in avanti come un videogame ad accumulo di situazioni concepite ad hoc per alzare ogni volta di più l’asticella di sopportazione della protagonista, portata all’estremo (e non basta la bravura della Woodley); e poi il corollario di scene d’azione, i continui agguati e liberazioni, l’ipnosi manipolata (qui Insurgent addirittura ripete se stesso), i sieri della verità, l’Eletta. La seconda parte, grazie al ripresentarsi di una situazione come quella delle simulazioni (comunque già ampiamente sfruttata in Divergent), acquista un grammo di interesse visivo in più facendosi visionaria; eppure il teen blockbuster dell'anonimo (in accordo con la tradizione) Robert Schwentke non riesce a rialzarsi dallo status di accozzaglia di mood e sviluppi visti, rivisti e stravisti fino alla nausea.

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E il finale, che potrebbe essere una conclusione quantomeno compiuta (bastino anche solo il dialogo finale di Tris con se stessa, o ciò che accade a Jeanine nell’ultima scena), prepara in realtà il campo per altri due episodi. Che dire: servirebbe davvero, nell'ingranaggio ammuffito delle produzioni sci-fi fantasy young adult, un'opera divergente che rivoluzioni, ripensi e rinfreschi un genere ormai mortalmente sterile.

Trailer di The Divergent Series: Insurgent

Voto della redazione: 

2

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