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Autore Giulia Marras :: 16 Giugno 2015
Locandina di Teneramente folle

Recensione di Teneramente folle di Maya Forbes| Tra un personaggio di Hal Ashby e Wes Anderson, Mark Ruffalo è lo splendido protagonista non convenzionale di un indie edulcorato dal sapore amaro della malattia ma forte della storia vera della regista

Proprio come un personaggio di Wes Anderson sbattuto drasticamente nell'asimmetria e nella razionalità amara della realtà quotidiana, Mark Ruffalo, scaraventato nel mondo dell'indie, che non ha mai disdegnato (Tutto può cambiare), è il perfetto protagonista bipolare del primo lungometraggio di Maya Forbes, già sceneggiatrice di film per ragazzi come Mostri contro alieni della Dreamworks; Teneramente folle, che nel titolo originale fa riferimento al simpatico fraintendimento della figlia minore sulla malattia "da orso polare" del padre, è la storia autobiografica della regista, la cui infanzia è trascorsa nelle mani del genitore maniaco depressivo, in seguito alla decisione della madre di andare a studiare a New York in previsione di un futuro più roseo per lei e la sorella più piccola.

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Gli eventi, raccontati secondo il procedere delle stagioni, hanno luogo nel 1978, dopo quegli anni sessanta e settanta in cui "tutti, in fondo, stavano impazzendo". Cam Stuart (Ruffalo) non è infatti solo il figlio di una delle famiglie più ricche di Boston, ma è anche il figlio di una generazione incastrata tra i sogni di una rivoluzione perduta e un'epoca contraddittoria di drastici cambiamenti sociali; Maggie (Zoe Saldana) rappresenta l'altra faccia delle trasformazioni in corso: dopo la seconda ondata femminista, l'istituzione familiare acquisisce per la prima volta nuovi significati e nuove direzioni, in cui la donna può finalmente sostituire la figura patriarcale e assumere il controllo economico della famiglia. Il personaggio della Saldana non è la classica donna in carriera che abbandona i figli per la carriera, ma una madre che compie un atto di coraggio e di fiducia verso un uomo, o "l'uomo", il cui rifiuto della convenzionalità non ha portato da nessuna parte, se non alla follia, anzi salvandolo da un individualismo edonistico che sarà poi caratteristica diffusa della società contemporanea.

A salvarlo definitivamente dall'oblio, sono le due piccole Faith (Ashley Aufderheide) e Amalia (Imogene Wolodarsky), quest'ultima figlia reale della Forbes e sua proiezione personale sullo schermo. Con l'incarico dell'affidamento, la vita dei tre diviene reciprocamente stravolta, confusa, agitata, ma anche movimentata, illuminata e appacificata nel ritrovarsi e capirsi in quanto anime fragili e insicure. I momenti preziosi di Teneramente folle avvengono proprio negli scontri urlati e ironicamente sboccati tra padre e figlie, praticamente come coetanei o fratelli che, rimasti a casa da soli, devono crescere senza adulti.

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Prodotto dallo stesso Ruffalo e dalla Bad Robots di J. J. Abrams, l'esordio alla regia della Forbes non si priva di meccanismi facili e convenienti, quali l'uso delle sequenze nel nostalgico vintage Super 8 o la leggerezza con cui viene affrontata la malattia di Cam, Teneramente folle ha le carte giuste (forse troppo calcolate) per piacere a tutti: l'anticonformismo di una famiglia non convenzionale, due piccole attrici che sostituiscono una sceneggiatura fallace con il loro talento e soprattutto un Mark Ruffalo che non ha più bisogno di elogi, ma solo di tanti premi e ruoli sempre più importanti.

Trailer di Teneramente folle

Voto della redazione: 

3

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