Ritratto di Pierre Hombrebueno
Autore Pierre Hombrebueno :: 5 Aprile 2015

Presente al SXSW Festival, la crew tecnica di "Boyhood", ultima pellicola di Richard Linklater, spiega le difficoltà che ha incontrato durante il complessissimo processo di post-produzione durato ben 12 anni

Boyhood

Come ormai sappiamo, la particolarità maggiore di Boyhood, ultima pellicola di Richard Linklater, è quella di essere stata girata nell'arco di 12 anni. Fa giustamente notare il portale No Film School, che ciò ha portato inevitabilmente ad un complesso processo di post-produzione. A spiegare alcuni retroscena, i membri della crew presenti al SXSW Festival, che hanno incontrato il pubblico per svelare un paio di chicche. 

Sandra Adair, montatrice, spiega che Linklater girò scene per 3 o 4 giorni ogni anno, raccogliendo materiale su cui poi lei avrebbe lavorato per circa un mese ogni volta. Nessuno sapeva dunque cosa sarebbe successo nelle prossime scene, in quanto l'editing era costantemente un work in progress; spiega Adair: “Era una sorta di processo Zen non preoccuparsi di quello che sarebbe venuto dopo, non sapere come sarebbe andata a finire. Ogni anno conservavo gli attimi che mi risuonavano di più. Non sapevo come si sarebbero sviluppati, ma cercavo di prendere quei momenti che rendessero ogni anno intenso. Mentre facevamo Boyhood, abbiamo montato altre 9 pellicole”.

Ovviamente, un'altra delle complessità nasce poi dal fatto che la crew tecnica poteva variare di anno in anno, e con essa il tipo di materiale e strumentazioni sul campo. Mantenere la continuità estetica era dunque faticoso; spiega Parke Gregg: “Come addetto alla color correction, il mio lavoro è quello di intensificare la narrazione in maniera sottile. Dovevo completare quel flusso senza soluzione di continuità. Dovevo sorpassare le barriere tecniche per non lasciare che distraessero dallo storytelling. Quelli erano i miei ordini di marcia”.  

Eppure, una delle cose che probabilmente gli spettatori non sanno, è che il film fu modificato anche dopo le sue prime proiezioni al Festival di Sundance. Infatti, la versione mandata al celebre evento statunitense era stata editata in fretta e furia, lasciando insoddisfatto il team. Prosegue Gregg: “Dopo il Sundance, personalmente non ero contento dei colori. Così ho iniziato da zero per dare una nuova ripassata cromatica. Tom Hammond (di Soundcrafter) ha poi provveduto a riempire i vuoti sonori”.

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Come ormai sappiamo, dopo il Sundance la pellicola venne poi presentata al Festival di Berlino, dove vinse il premio come Miglior Regia. A seguire sono recensioni entusiaste da tutto il mondo, più una serie di premi che include l'Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista a Patricia Arquette. 

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