Amore e compassione, vita e morte, "Hwajang – Revivre" è un film esistenzialista sulla nascita del sentimento durante la sofferenza
78 anni, 103 film in carriera e ancora tanta voglia di fare cinema ed esplorare nuovi territori. Im Kwon-taek ha fatto la storia del cinema coreano e continua a scriverla con il suo ultimo film, Hawjang, tratto dall'omonimo romanzo di Kim Hoon, il famoso scrittore coreano che scrive i suoi testi ancora a matita, presentato in anteprima nella sezione Fuori Concorso del Festival del cinema di Venezia.
Dopo quattro estenuanti anni di lotta in seguito alla diagnosi di un tumore la moglie di Oh, un cinquantenne, lascia il mondo. Durante la cerimonia funebre Oh ascolta lo straziante ed incessante pianto della figlia. La storia torna indietro nel tempo e vediamo Oh al lavoro nella sua azienda di trucco, che si divide tra la dedizione professionale e le cure della moglie, di nuovo in ospedale per un'operazione. Ad inserirsi nei suoi pensieri c'è una giovane donna, Choo Eun-joo, che irrompe nei suoi sentimenti per la freschezza e la gioia di vivere che le sprizza dagli occhi. Più il giorno della morte della moglie si avvicina, più i sentimenti di Oh nei confronti della donna si rafforzano. Il suo desiderio per Choo in un momento così buio della sua vita lo amareggia profondamente. Eppure chi potrebbe mai biasimarlo?
Alla base del film troviamo la dicotomia vita\morte, salute\malattia, morte\sessualità. Binomi che aprono alcune delle domande fondamentali sulla vita, che Im Kwon-taek affronta con la maturità di uomo alla soglia degli 80 anni e con più di 50 anni di esperienza nel cinema. L'occhio del regista, pulito e avvolgente, dal sapore estremamente realistico, si sofferma sulla psicologia del protagonista, interpretato da Ahn Sung-ki - fra gli attori più famosi nel cinema coreano - e su quello che si scatena nel suo e nel cuore dei personaggi che ruotano che gli ruotano intorno. In conflitto, stretto nel senso di colpa, il personaggio principale s'interroga sulla natura dei suoi sentimenti, senza sproloqui ma con la sola forza dello sguardo e dei movimenti del corpo. Un silenzio imposto a corpi vivi che non riescono ad esprimere quello che sentono e rimangono costretti in questo limbo fra la vita e la morte. In fin dei conti è giusto continuare a vivere, continuare ad amare anche dopo un'esperienza dolorosissima come la malattia, che porta via un pezzo della propria esistenza. Delicato ed emozionante Hwajang riesce a toccare nel profondo ed instaurare un rapporto empatico con i personaggi della storia e far arrivare agli spettatori l'esistenzialismo alla base del film.
Profondamente toccanti anche le interpretazioni, a partire dalla star coreana Ahn Sung-ki, che aveva già lavorato con il regista in altri 6 film fra cui Ebbro di donne e di pittura (premiato a Cannes nel 2002 per la miglior regia), che conferma la sua bravura nel toccare qualsiasi carattere e dalle due interpreti femminili Kim Ohjung, per il ruolo della moglie malata di cancro, e Kim Quyri, che interpreta la giovane donna di cui Oh s'invaghisce, bravissime a sottolineare l'opposizione che rappresentano sullo schermo.
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