Ritratto di Pierre Hombrebueno
Autore Pierre Hombrebueno :: 27 Dicembre 2014

Tempo di bilanci anche dalle nostre parti. Quali sono stati i film con i migliori direttori della fotografia del 2014? Ecco le nostre scelte, da "Birdman" di Iñárritu a "Ida" di Pawlikowski

Under the skin

Maghi della luce e modellatori di atmosfere, pittori cromatici e distillatori di umori: sono i direttori della fotografia, braccio destro dei regista, quelli che curano resa e risoluzione delle immagini catturate dalla macchina da presa. Chi sono stati i migliori dell'anno? Scopriamoli insieme:

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Daniel Landin in Under The Skin di Jonathan Glazer

Dal surrealismo videoclipparo alla sospensione onirica, passando per l'iper-realismo alienato e la più fredda videoarte. Landin attraversa ogni tonalità di calore e colore disegnando figure ed evocazioni con luci e ombra, contribuendo alla creazione di una delle pellicole più magnetiche dell'annata, tanto ambigua e ipnotica almeno quanto la sua protagonista Scarlett Johansson, anomala visitatrice femme fatale.

 

Emmanuel Lubezki in Birdman di Alejandro González Iñárritu

Ci sarà un motivo se il maestro Lubezki continua a rimanere il direttore della fotografia prediletto di autori come Terrence Malick, Tim Burton e Alfonso Cuaron, registi che hanno tutti un tocco visivo e un'estetica particolarmente riconoscibili. Qui, con Iñárritu, compie l'ennesimo ottimo lavoro che ben si amalgama col virtuosismo del cineasta messicano.

 

Fabrice Aragno in Adieu au langage – Addio al linguaggio di Jean-Luc Godard

Un film che è assoluta meraviglia tecnica e abbaglio continuo d'immagini che ti perforano gli occhi per poi rimanerti impresso nel cuore e nel cervello. Merito del genio assoluto di JLG ovviamente, ma anche dell'inconcepibile lavoro fotografico di Aragno, un bombardamento incessante di bellezza e suggestioni visive.

 

Peter Flinckenberg in Concrete Night di Pirjo Honkasalo

Il candidato agli Oscar per la Finlandia di quest'anno può vantare una delle fotografie più folgoranti e suggestive della stagione, con quel suo bianco e nero dreampop da realismo magico, oggetto alieno e fuori da quest'universo, oggetto straniante ma nel contempo così evocativamente ipnotico, avvolgente di un calore estetico che è prima di tutto gioia visiva, oltre che colpo benefico al cuore.

 

Robert Elswit in Lo Sciacallo di Dan Gilroy

Una Los Angeles by night che sembra richiamare echi e disagi della New Hollywood anni '70. Attraverso le sue lenti e le sue luci, Elswit svuota Hollywood del suo lato glamour e ci restituisce una città funerea perennemente avvolta da un senso di drammatica quanto angosciante agitazione metropolitana. Elswit, inoltre, ha lavorato anche in Vizio di forma, nuova pellicola di Paul Thomas Anderson in uscita nelle nostre sale il 26 Febbraio 2015: non vediamo l'ora di godercela.

 

Rodrigo Prieto in The Homesman di Tommy Lee Jones

Un maestro dei colori caldi come ci aveva già precedentemente dimostrato in pellicole come Brokeback Mountain di Ang Lee e Babel di Iñárritu; stavolta Prieto confeziona per Tommy Lee Jones il vestito perfetto per il suo western malinconico che sa definitivamente di utopia e fine di un'epoca (forse mai esistita, solo sognata). È il medesimo calore dei deserti che si spegne pian piano con la speranza di un futuro che sembra non esserci più.

 

[Leggi anche: Come diventare direttore della fotografia: 10 regole per illuminare un set]

 

Ryszard Lenczewski e Lukasz Zal in Ida di Pawel Pawlikowski

Un lavoro a quattro mani per la vivida rigidità del bianco e nero bressoniano adattatosi perfettamente ai ritmi e agli umori di un racconto tanto secco quanto evocativo. Una fotografia che non è solo ricostruzione di un'epoca storica, bensì di una spiritualità in bilico nella sua toccante fragilità esistenziale.

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