L'arte dell'inquadratura senza stacchi in cinque titoli della storia del cinema, da Kubrick a Paul Thomas Anderson
In inglese si chiama long take, è l’inquadratura che ha una durata più lunga del normale e che permette ampi movimenti di macchina o una narrazione statica ma approfondita. Molti la confondono con il piano sequenza perché in entrambi i casi non si prevedono stacchi, ma quest’ultima è caratterizzata da una certa completezza a livello narrativo, caratteristica che il long take non sempre possiede. Vediamo alcune tra le inquadrature più belle (l’elenco potrebbe durare ovviamente molto di più) della storia del cinema.
Kill Bill Volume 1 (2003)
Il tour all’interno del locale giapponese Blue Leaves è una delle tante sequenze ambiziose di Tarantino. Alla bellezza delle immagini si aggiunga la canzone delle 5,6,7,8's e l’eccentrica illuminazione di Robert Richardson, in questa sequenza avrete un perfetto mash-up dell’universo tarantiniano.
I protagonisti (1992)
La sequenza di apertura del film di Robert Altman non era scritta nella sceneggiatura e tutta l’autoreferenzialità delle immagini e i dialoghi sono stati improvvisati per quindici volte. Alla fine il regista scelse il terzo ciak. Gli interni dell’ufficio di Griffin Mill – interpretato da Tim Robbins – sono gli stessi di Barton Fink, film che i fratelli Coen avevano girato l’anno precedente.
Magnolia (1999)
Paul Thomas Anderson aveva già dimostrato di essere un maestro di long take in Boogie Nights, con Magnolia però la sua bravura esplode innanzi al mondo. Il suo addentrarsi nei corridoi di uno studio televisivo è accompagnato da rapidi dialoghi, da un’illuminazione complessa e da decine di spunti provenienti da alcuni dei personaggi.
Panic Room (2002)
David Fincher, con Fight Club, aveva iniziato a usare la virtual camera, ma sarà nel 2002 – con il thriller interpretato da Jodie Foster – che si solidifica il suo amore per questa tecnica. I puristi potrebbero storcere il naso di fronte a questa scena, poiché molti dettagli sono stati elaborati digitalmente (si passa attraverso un buco della serratura) ma tutto è predisposto per dare la perfetta panoramica della vita newyorchese e dei suoi abitanti che stanno per trascorrere una notte di terrore.
[Leggi anche: Il piano-sequenza nella storia del cinema]
Orizzonti di gloria (1957)
Questa scena dimostra quanto Stanley Kubrick sapesse sempre scegliere la ripresa giusta in rapporto ai luoghi. Questa macchina da presa sembra scivolare dentro la trincea fissando davanti a sé l'improbabile coraggio dei poveri soldati della prima guerra mondiale.
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