Dal 31 marzo al 9 aprile una consistente rassegna in onore di Kim Ki-Duk è prevista presso il Museo Interattivo del Cinema: il regista nativo della Corea del Sud sarà celebrato con alcuni tra i suoi più noti film, come "Pietà" e "Dream"
Dal 31 marzo al 9 aprile 2015 presso il MIC - Museo Interattivo del Cinema, Fondazione Cineteca Italiana presenta Omaggio a Kim Ki-Duk, ricca rassegna dei film più significativi di quello che forse è il maggiore regista coreano di sempre. Schivo ed esibizionista, poetico e brutale, Kim Ki-Duk sembra incarnare nella sua persona tutte le contraddizioni che caratterizzano la storia del suo paese, la Corea del Sud. Nato nel 1960 a Bonghwa, si trasferisce trentenne a Parigi per studiare arte, e una volta tornato nel suo paese natale intraprende la carriera di sceneggiatore.
L’esordio alla regia risale al 1996 (Crocodile) e presenta già tutti i tratti di uno stile di regia e scrittura che si farà negli anni sempre più radicale. Nel corso della sua carriera realizza diversi capolavori, quali L’isola (2000), Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) e Ferro-3 (2004), tutti caratterizzati da uno sguardo complice e paziente, in attesa di cogliere nel silenzio dei protagonisti brevi lampi di autentica umanità, o della sua assenza. Questo felice periodo produttivo si interrompe quando, in seguito ad un incidente quasi mortale sul set di Dream (2008), il regista cade in una profonda depressione, catturata nello straordinario diario filmato Arirang (2011). Da allora il regista sembra aver varcato una conradiana “linea d’ombra”: i suoi film si fanno più cupi e violenti, ritratti impassibili dei rapporti di causa-effetto innescati da azioni sempre meno umane. Con Pietà (2012) conquista meritatamente il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
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La rassegna comprende una selezione di dodici titoli del maestro coreano, comprensiva sia degli esordi che degli ultimi controversi lavori. C'è l’occasione di assistere a capolavori surreali quali L’isola (2000) e il recentissimo Moebius (2013), sconvolgenti storie dove l’amore sfuma nella violenza. Non manca il realismo degli esordi con Bad Guy (2001), prima di una serie di incredibili storie d’amore dove i gesti e i silenzi valgono più di qualsiasi parola: tra gli altri, Ferro-3 (2004), magnifico racconto della solitudine di una donna delusa e di un uomo misterioso; L’arco (2005), sull’ossessione di un vecchio pescatore per una bellissima e malinconica ragazza; Time (2006), sul rapporto tra due innamorati messa alla prova dalla perdita della propria identità; e Soffio (2007), sulla passione che sboccia tra una casalinga e un condannato a morte.
Il cinema di Kim è un cinema essenziale, ridotto all’osso: un approccio zen alla regia che trova in un film come Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) il suo apice stilistico. Si tratta di vicende sospese tra sogno e realtà, come in Dream (2008) o La samaritana (2004), dove le azioni umane sono ritratte nelle loro inevitabili conseguenze, filtrate da un approccio metafisico. Chiudono la rassegna due film capitali come Arirang (2011), autoritratto in forma di diario con cui il regista mostra al pubblico le proprie debolezze, e Pietà (2012), la rinascita artistica di Kim, torbido thriller a sfondo incestuoso che ha prima sconvolto e poi conquistato la giuria della Mostra di Venezia.
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