A metà tra documentario e teatro "La trattativa" fa centro al Festival di Venezia 2014 e racconta uno dei pezzi di storia dell'Italia
“Da dove viene questa Italia che abbiamo sotto agli occhi?”. Se lo è chiesto Sabina Guzzanti, sbarcata a Venezia con il suo settimo film La trattativa, ovvero quella fra Stato e mafia, presentato nella sezione fuori concorso. “Se non ci fosse stata la trattativa questo sarebbe stato un paese diverso e forse migliore” ed è proprio per questo motivo che la regista, come sempre nei suoi film, qui anche in veste di attrice e produttrice, ha deciso di spiegare a tutti attraverso il cinema, il mezzo collettivo per eccellenza, cos'è la trattativa e cosa ha prodotto.
Realizzato in modo indipendente, il film è stato girato in quattro anni, dopo un grandissimo lavoro di ricerca come ha spiegato la Guzzanti: “Ho studiato e scritto varie sceneggiature ognuna in chiave diversa e mi sono avvalsa dell'aiuto di Giorgio Mottola, giornalista di Report, per controllare che tutto quello che si dice nel film fosse stato detto realmente”. Un film proprio per questo “inattaccabile” che s'ispira al cortometraggio di Elio Petri, Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli, con protagonista Gian Maria Volontè, e adotta una struttura di stampo teatrale. Alle parti di fiction, in cui la scena si crea al momento e gli attori recitano ognuno più ruoli e adottano un modello recitativo brechtiano, per ricordare continuamente allo spettatore che quello che stanno vedendo è il punto di vista di quel personaggio, vengono mixate immagini di archivio e grafiche esplicative. E non a caso la Guzzanti fa riferimento al teatro epico di Bertolt Brecht in cui l'effetto di straniamento permetta allo spettatore di non identificarsi con i fatti che passano sullo schermo ma consenta l'attuazione di analisi e critica sui fatti narrati.
Una struttura molto particolare che si sposa con l'argomento del film, come ha spiegato la regista: “Era impossibile fare questo film o solo di genere documentario o solo di finzione, il secondo sarebbe stato molto bello ma impossibile per questione di budget (il film non ha avuto alcun contributo statale perché non riconosciuto di valenza culturale ndr). È necessario inserire un ragionamento e non solo elencare i fatti, perciò sono molto contenta di aver trovato questa forma”.
Una scoperta che ha cambiato il corso della costruzione del film è stata la scoperta di un servizio che offre Radio radicale che mette a disposizione degli utenti tutti i processi del nostro paese. “Ho ascoltato i processi e ho imparato molto. In Italia siamo abituati ad aspettare i risultati di un processo per poter esprimere dei pensieri su vicende di grandissima importanza per il nostro paese. Ma il processo serve solo a trovare i colpevoli, dunque perché l'opinione pubblica allora non ne discute?” si è chiesta la regista che invita con la sua ultima opera a discutere e partecipare ai fatti del paese.
Applaudito durante e al termine della proiezione con la regista in sala, La trattativa uscirà al cinema, distribuito da BIM, il prossimo 2 ottobre e si prepara a far discutere. Ma in fin dei conti della trattativa Stato mafia se c'è già sentito parlare moltissimo e per questo alcuni non hanno apprezzato il documentario ("Meglio un servizion di Report" hanno commentato alcuni) che troppe volte strizza l'occhio al pubblico e cerca di portarlo con mezzucci dalla propria parte.
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