Ultimo fra i film italiani presentati alla Mostra del cinema di Venezia, "Perez." raccoglie entusiasmi e applausi. Abbiamo incontrato il cast per farci raccontare di più su questo film
Venezia 71 è stata una buona edizione per il nostro cinema. Tutti i lavori passati in rassegna sono stati apprezzati e ultimo, ma non per graduatoria, è arrivato anche Perez., il secondo film di Edoardo De Angelis (Mozzarella stories) che si svolge in una Napoli avulsa, fatta di vetro e metallo dei grattacieli del Centro direzionale. Una sorta di parabola nera sulla vita dell'essere umano che fra pistole, diamanti, tori e sangue ha conquistato la platea veneziana.
La prima cosa che viene da chiedere al regista di Perez. è perché c'è il segno di punteggiatura nel titolo del film?
Perché è la storia di un personaggio che viene a capo della sua vita e per questo quel punto significa l'andare a capo e ricominciare.
La scelta della location è mirata o è stata casuale?
Il centro direzionale è un luogo che rappresenta una promessa mancata di prosperità e ricchezza, esattamente come per la vita di Demetrio Perez. Non dovevo girare tutto lì, ma dopo ogni sopralluogo scoprivo qualcosa di nuovo e tutto quello che scoprivo in questo posto aggiungeva un pezzettino a questa storia dando nuova linfa alla scrittura che si aggiornava anche durante le riprese.
Come avete girato il film?
Abbiamo girato le scene in sequenza cronologica seguendo la sceneggiatura e il crescere delle emozioni. Era uno sforzo importante che dovevamo fare per aiutare il cast a vivere le scene come se fossero vere. Per dare veridicità al film abbiamo incontrato molti avvocati e giudici per costruire le scene in tribunale prendendo spunto anche da fatti realmente accaduti.
Il protagonista di Perez. è Luca Zingaretti felice di aver presentato il film qui a Venezia e che risponde alle seguenti domande
Il cinema nazionale qui al Festival ha raccolto molti consensi e voi vi siete accodati...
Sentivamo la responsabilità di rappresentare il nostro cinema. I film italiani passati durante il festival testimoniano che c'è un cinema vivo nonostante le difficoltà economiche.
Come avete raggiunto questo risultato?
Quando un cast è completamente credibile il merito sta nella sceneggiatura scritta bene e nel regista. Considero Perez. un grande regalo, arrivato in un momento della mia carriera in cui volevo confrontarmi con un persoanggio pieno di chiaroscuri, complesso e che non riuscivo a capire fino in fondo. Inoltre volevo confrontarmi con un regista come Edoardo che oltre ad essere visionario, conosce molto bene l'attore e sa che cosa porta fare determinate scelte sul perosnaggio. Cercavo un regista che potesse ancora insegnarmi qualcosa e che mi dava la possibilità di esplorare e sperimentare, ma che quando ero in una zona di poco interesse per il film mi riacciuffava e mi rimetteva in riga. Per interpretare questo personaggio mi sono messo a nudo e nelle mani del regista. Mi sono tolto tutte le incrostazioni che un attore può accumulare negli anni. È stato bello interpretare un personaggio vivo che non era delinato al 100% durante le riprese.
In questo film sei anche produttore...
Ho avvertito l'esigenza di sentirmi sulla pelle di essere padrone della mia creatività.
Come ti sei trovato a Napoli durante le riprese?
Questo è un film che si poteva fare solo a Napoli, perché quell'entusiasmo lo si può trovare solo lì. È una città che ha ancora molti lati da scoprire e raccontare al grande pubblico. Napoli è straordinaria e non è un caso che il fermento artistico attuale nelle arti visive, nella musica e nella letteratura provengano proprio da una città così viva.
A Marco d'Amore le ultime domande.
Sei coprotagonista del film, sulla cresta dell'onda dopo il fortunato ruolo di Ciro Di Marzio in Gomorra - La serie, e ti trovi a girare nuovamente a Napoli...
Questo è un racconto che riguarda e non riguarda Napoli. C'è un ponte che unisce il protagonista al posto fisico, però gli ambienti descritti nel film diventano luoghi di fantasia, immaginifici, che mi hanno fatto pensare alla letteratura con cui mi sono formato. Questo film non è da leggere solo in chiave realistica, ma anche come una parabola fantastica della vita umana, una discesa agli inferi necessaria per ritrovare la felicità.
Dopo un lungo corteggiamento da parte del regista, sei entrato nel progetto. Avevi paura di interpretare di nuovo un camorrista e fare di questo ruolo un'etichetta?
Non ho paura di essere etichettato perché vivo con molta indipendenza le scelte che riguardano il mio lavoro. Temevo che dopo 9 mesi di Gomorra, con un personaggio che mi aveva svuotato, di non essere efficace e d'aiuto al film e temevo che queste due biografie si assomiglliassero molto. Sono stato smentito perchè Francesco Corvino è molto altro rispetto a Ciro Di Marzio. I presupposti da cui siamo partiti sono diversi e soprattutto il sentimento predominante in Francesco è l'amore. Era una sfida che volevo accettare.
Il film uscirà al cinema il 2 ottobre distribuito da Medusa.
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