Dopo la premiere a Parigi, David Ayer, Brad Pitt e il prestigioso cast di "Fury" al gran completo ha raggiunto Londra per la chiusura del festival. Ecco come hanno descritto il film il regista e la super star hollywoodiana
Il London Film Festival è giunto alle ultime battute della sua 58esima edizione ma prima di calare il sipario si è concesso il lusso di ospitare sulla sua passerella una delle star hollywoodiane più amate al mondo: Brad Pitt. La premiere di Fury è stata, infatti, l’evento conclusivo di una kermesse, teatro di incontri con illustri attori e cineasti e gustose anteprime europee mondiali. L’attore statunitense è arrivato al festival seguito dal regista David Ayer e dagli attori del cast Logan Lerman, Shia LaBeouf, Michael Pena e Jon Bernthal.
David, credi che gli spettatori che si aspettano da Fury un classico film di guerra americano possano rimanere scioccati?
David Ayer: Sì, ma comunque sbaglierebbero. Fury è un dramma familiare, è il racconto di un giorno della vita, è uno studio del carattere e la storia di questi militari, della chimica, la fratellanza e l’amore che provano l’uno nei confronti dell’altro.
Come è nata la collaborazione con Brad Pitt?
D. A.: Brad è stato essenziale per il progetto. Gli ho proposto la sceneggiatura, lui ha accettato la parte e poi è stata solo questione di assemblare la squadra giusta. Durante le pause dalla riprese lo trovavo quasi sempre chiuso nel carro armato per concentrarsi.
Brad, David ti ha dato molte indicazioni sui personaggi protagonisti?
Brad Pitt: Sì, mi chiamava anche alle tre del mattino. Erano indicazioni che si focalizzavano sull’immagine dell’esaurimento, sulla fatica mentale, il freddo, la fame e l’effetto cumulativo dell’assistere quotidianamente al dolore e all’orrore e di infliggerli giorno dopo giorno.
Logan, che tipo di rapporto hai instaurato con Brad?
Logan Lerman: In fase di pre-produzione siamo diventati tutti molto amici. Fuori dal set ovviamente il mio è un atteggiamento di distacco in segno di rispetto. Come nel film io ero quello nuovo ed è in quanto tale che sono stato trattato.
È il progetto più impegnativo a cui ti è capitato di prendere parte finora?
L. L.: Sicuramente! Cercavo un progetto che potesse rappresentare una sfida per me come attore e quando ho letto la sceneggiatura di Fury ho pensato: “o questo o niente”. Conoscerci sul piano personale è stato decisivo per sentirci a nostro agio sul set insieme.
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David, ti interessava raccontare il dilemma del conflitto?
D. A.: Il conflitto stesso è una vera battaglia tra bene e male. Volevo fare un film sull’azzardo morale e psichico e l’effetto della guerra sull’animo umano.Dopotutto ognuno di noi ha un guerriero dentro di sé.
Il film verte molto sullo stress post-traumatico. Quanto era importante per te come attore ricercare l'autenticità di quello stato mentale?
B. P.: Fury non è un film che si schiera, ma che si basa sul trauma psicologico che ogni soldato porta con sé. Se qualcuno fosse interessato c’è un fantastico libro sull’argomento che mi ha aiutato molto a prepararmi. Si tratta di On Killing di Dave Grossman.
Brad, cosa ti aspetti dall'uscita di questo film?
B. P.: Prima di tutto mi auguro che i soldati si riconoscano e si sentano rispettati dalla nostra rappresentazione. Un veterano mi ha detto che la guerra è ridicola. La verità è che la vita di un essere umano è assurda. Un momento ci si prende a pugni e l’altro si brinda insieme. Le nostre vite si basano sul conflitto non importa quanto pensiamo di esserci evoluti.
Che cosa porterai con te di questa esperienza?
B. P.: Ho imparato molto da questo film. È stata un'esperienza arricchente per tutti. Il mio ruolo ha necessitato un attento studio della leadership e di come farsi rispettare. Questo aspetto mi ha sicuramente reso un padre migliore.
Hai condiviso le tue ricerche sulla seconda guerra mondiale con tua moglie Angelina che intanto si documentava per Unbroken?
B. P.: È stata una bellissima esperienza. Di solito non lavoriamo nello stesso momento. Però erano argomenti diversi. Mentre io studiavo il teatro bellico europeo, lei quello del pacifico. Mentre studiavo i serbatoi, lei i bombardieri.
David, come ti senti ad essere stato scelto per la chiusura del London Film Festival?
D. A.: È un privilegio anche perché torniamo proprio dove il film è stato girato. È come chiudere un cerchio. L’anno scorso proprio in questo periodo giravamo quelle terribili scene di guerra.
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