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Autore Alessandro Tavola :: 1 Ottobre 2015
Locandina di Sopravvissuto - The Martian

Recensione di Sopravvissuto - The Martian di Ridley Scott con Matt Damon, Jessica Chastain, Jeff Daniels: con una moltitudine di stimoli visivi ed umani, il regista di "Blade Runner" firma inaspettatamente uno dei suoi film migliori

La combinazione Matt Damon, Ridley Scott, Marte sembrava non promettere nulla di buono, ma Sopravvissuto – The Martian è il miglior film americano di fantascienza che vedrete quest’anno.

Capace, nel bene e nel male, di segnare decadi e non solo con i suoi film (il primo Alien, Blade Runner, Thelma & Louise, Il Gladiatore su tutti), Ridley Scott è ancora oggi prolifico, instancabile ed altalenante. In grado di sfornare colossal del tutto superflui (basta citare Le Crociate o il recentissimo Exodus - Dei e re) quanto gioielli come The Counselor - Il procuratore, ora firma uno dei suoi film migliori di sempre.

A partire da un’idea semplice, invitante e pericolosa allo stesso tempo, ci ritroviamo con Matt Damon astronauta abbandonato per errore su Marte dai suoi compagni di missione. Quella che di norma si prefigurerebbe come la più desolante delle situazioni, passati i dovuti momenti iniziali di shock e dramma diventa il pretesto per ciò che risulta a tutti gli effetti essere una commedia.

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Carico di punti di riferimento, The Martian è un film affamato di voglia di raccontare in ogni modo, felice di incastrare tutti i pezzi a sua disposizione quanto lo è il biologo Matt Damon di trovare il modo di coltivare patate sul Pianeta Rosso. Videoregistrazioni, chat, email, Marte, la Terra, Houston: siamo gli spettatori globali di una sorta di reality multiforme che dalla vicenda taglia di netto qualsiasi situazione di stallo, dandoci agli occhi solo le parti migliori, solo i momenti “costruttivi”, solo i momenti vitali.

Rimbalzando di continuo tra le lande marziane e le basi NASA non c’è un momento di inerzia, non un’inquadratura di troppo che sviolini chiedendo commozione, anzi: The Martian è l'opposto di ogni desolazione spaziale fino ad oggi pervenuta, un film gioiosamente affollato di esseri umani di ogni tipo e di voglia di vivere, di personaggi (anche i più scarni e funzionali) che arricchiscono di ironia un meccanismo narrativo che trova proprio nella sua natura di “assemblaggio” la sua ragion d’essere, con un impianto quasi corale (di caratteri, di luoghi, di possibilità visive) praticamente in antitesi con lo spunto di partenza.

Mentre nove film su dieci focalizzano il tema della distanza forzata sulla passività dell’attesa e sull’isolamento del viaggiatore, in The Martian tutti partecipano alla soluzione, tutti costruiscono il film in modo additivo e mai sottrattivo, e senza che vi sia una sola figura superflua l’intera vicenda diventa un gioco collettivo in cui veniamo bombardati di nozioni, spiegazioni tecniche mai fini a se stesse o troppo chiuse, battute, humour, joie de vivre, quasi come se si trattasse di una sinfonia, in un moltiplicarsi continuo di accadimenti e di voci senza sosta.

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Vibrante di senso pratico e scansante ogni tentazione contemplativa, gli imperativi di The Martian sembrano essere «Non c’è tempo da perdere» (e due ore e venti scivolano via come se fossero la metà) e «Piangere non serve» (con buona pace di Interstellar), fatto quasi unicamente di stimoli (visivi, narrativi, congetturali, scientifici, umani) diversi e perfettamente coniugati tra loro in un divertissement sempre brillante che in ogni momento, piazzandosi equidistante tra il geek, il pop e la pura narrazione, vuole esserre afferrato. Un’opera che scalza la morte (da cui, dopotutto, muove) praticamente non tenendola in considerazione, cancellandola dal suo vocabolario, vietandola nelle proprie immagini, riempiendo (se non addirittura sostituendo) la desolazione dello spazio con frammenti di cinema eminentemente intrattenitore, prendendosi beffa del vuoto con il raccontare, capace di fare fantascienza e di sciorinarla con un divertire che, come troppo poco spesso capita, non equivale a farsi distrare, ma a concentrarsi.

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E se a Scott dobbiamo questa rinnovata infatuazione per le immagini e l’abilità d’orchestrazione, è ancor prima alla sceneggiatura di Drew Goddard (l’uomo dietro Quella casa nel bosco e la più recente serie Netflix su Daredevil) che sentiamo di dover plaudere: vista la più recente produzione del regista, è evidente quanto gli serva lo script giusto per fare del buon cinema. Ma tralasciamo eccessiva preoccupazione, contenti che, alla soglia degli ottant’anni, Ridley Scott sia in grado di darci uno dei film più vivi (in tutti i sensi) del suo panorama di riferimento e che ci sia qualcuno in grado di dargli il materiale giusto per farlo.

Trailer di Sopravvissuto - The Martian

Voto della redazione: 

4

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