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Autore Alessandro Tavola :: 3 Settembre 2015
Locandina di Storie sospese

Recensione di Storie sospese di Stefano Chiantini con Marco Giallini, Maya Sansa, Alessandro Tiberi: un valido film di denuncia realizzato con tatto ma penalizzato da dinamiche poco decise

Un piccolo paese rischia letteralmente di scomparire: Storie sospese di Stefano Chiantini, con Marco Giallini e Maya Sansa e presentato collateralmente alla sezione Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno, vuole raccontare una questione reale, quella delle conseguenze della frana di Ripoli dovuta ai lavori per la costruzione della variante di Valico dell'autostrada A1.

Il senso del dovere, al cinema, non è mai univoco, anzi: spesso è contraddittorio. Al regista va l’indubbio merito di riuscire a passare in rassegna una quantità esauriente di sfumature attorno agli avvenimenti, ma queste non bastano a colmare le lacune della sinossi. La scrittura ci permette di godere di frangenti che ci fanno percorrere vie molto sottili, come ad esempio il rapporto tra Giallini e la moglie, fatto quasi unicamente di silenzi, o quello tra gli abitanti del paese e il loro evitarsi/ignorarsi, andando a costituire alcuni degli elementi più interessanti del film.

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L’assenza di facilonerie drammatiche è da encomiare, con la curiosità stimolata con continuità, ma il rovescio della medaglia è la mancanza di un punto di arrivo (con tanto di finale “evitato”): probabilmente per la priorità del voler descrivere una situazione reale, Storie sospese non riesce a ritrovarsi in se stesso perché non si dimentica mai di essere un film di denuncia e la circoscrizione che ne deriva nuoce alla fruizione, ai personaggi, ai luoghi.

I protagonisti non riescono mai ad essere totalmente pieni per il gravare di questa urgenza che, è bene ricordarlo, ha poco di cinematografico: l’estetica di Storie sospese è prettamente informativa, e non si tratta, ovviamente, di assenza di spettacolarità in senso canonico (giammai), ma dell’impossibilità di un’immersione autentica nel film, con un guinzaglio del reale troppo corto e con le opportunità di trascendere mai realmente utilizzate.

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Assieme, l’apparato visivo non è abbastanza forte da darci un film fatto di momenti e immagini nonostante il potenziale: personaggi, corpi, edifici, cemento e rocce non riescono a parlare da soli, non riescono a darci sensazioni esaurienti e Storie sospese non può avvolgerci nelle proprie inquadrature. Il logorio, il pericolo, il consumarsi del delitto silenzioso non riescono ad effondersi, e sta alle parole e al sopraggiungere di alcuni avvenimenti cruciali (leggi: mortali) dare densità alla pellicola.

Dedicato agli abitanti di Ripoli, Storie sospese è senza subbio un film accorato e sentito e pieno di tatto, che però non riesce ad esprimersi in modo libero.

Voto della redazione: 

2

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