Ritratto di Pierre Hombrebueno
Autore Pierre Hombrebueno :: 29 Settembre 2014

In occasione dell'uscita di "Lucy", nuovo blockbuster di Luc Besson, ripassiamo brevemente l'ascesa e la disgregazione del Cinéma du look, trend cinematografico cavalcato dall'autore francese durante gli anni '80 con Leos Carax e Jean-Jacques Beineix

Rosso Sangue di Leos Carax

D'accordo, alcuni passi falsi Luc Besson li ha fatti (e pensiamo al bruttissimo Cose nostre – Malavita), ma come sottolinea anche la nostra recensione, con Lucy è riuscito nuovamente a realizzare un godibilissimo blockbuster, con diverse scene nevromantiche e sull'orlo del delirio fantasy. Non c'è da meravigliarsi in proposito, in quanto l'autore proviene dal Cinéma du look, mood estetico e stilistico degli anni '80 di cui fa parte anche l'immenso Leos Carax, ultimo dei romantici e cineasta posseduto dal genio.

Per i meno informati, ricordiamo che il termine “Cinéma du look” fu usato per la prima volta nell'89 dal critico Raphaël Bassan, in modo da raggruppare dei giovani registi francesi particolarmente amanti dell'euforia visiva e del coolness. In pratica, di cineasti la cui priorità stilistica è, appunto, il “look”, i virtuosismi di montaggio, gli attacchi estetizzati, la composizione delle immagini come goduria visiva, il tutto per rompere con la tradizione francese del realismo poetico. L'attenzione transita dunque dalle famiglie borghesi ai giovani sbandati: dalle case di lusso passiamo ai tunnel suggestivi delle metropolitane, mentre il dilemma amoroso diventa assoluta alienazione lisergica.

Inizialmente deriso dai critici più intellettuali che accusavano gli autori di sottoporre il contenuto ad un'eccessiva cura per la forma, col tempo il successo del movimento è tale da avere praticamente tutti i cinefili ai propri piedi. Tre i principali arcangeli del trend: oltre ai già citati Besson e Carax, anche Jean-Jacques Beineix, autore di Betty Blue, tormentata storia d'amore tra un uomo esasperato e una giovane donna pazza. Eppure, se dobbiamo indicare un Dio in questa sacra trinità, sarebbe senz'altro monsieur Alex Dupont aka Leos Carax, di cui ogni singola pellicola è una lezione di stile e di evocazione: un esempio per tutte è Mauvais Sang (Rosso Sangue), in cui il cineasta attraversa l'amour fou mixando in un unico pacchetto il cinema muto, David Bowie e l'effetto nevralgico dei videoclip musicali: il risultato è un'imprendibile meraviglia la cui toccante commozione perfora gli schermi ancora oggi, polverizzando chiunque abbia tentato di muoversi nella medesima direzione.

Oggi il Cinéma du look si è disgregato in mille direzioni, ma possiamo ancora coglierne i segnali. Carax prosegue per la sua strada personale (e il grande successo di Holy Motors conferma quanto sia tuttora tra gli autori più importanti del panorama), Beineix si è dato ai documentari televisivi, mentre Besson continua la sua scalata verso il cinema hollywoodiano. Tra gli eredi del movimento, possiamo citare Jean-Pierre Jeunet (vi ricordate come ha abbellito Montmartre ne Il favoloso mondo di Amélie?) così come Bertrand Bonello, Gaspar Noè, Virginie Despentes, e tanti altri. Autori dalle più svariate poetiche ed estetiche, ma che hanno in comune l'idea di cinema come coolness e anti-naturalismo.  

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