Tomas Milian in lacrime al Festival di Roma 2014. Acclamatissimo dalla platea annuncia un nuovo film di Er Monnezza e racconta la sua vita.
«Non ho mai avuto una madre da piccolo, Roma è diventata mia madre, a lei dedico la mia vita e a tutti voi». Piange Tomas Milian, più volte si emoziona al Festival del Cinema di Roma 2014, fresco di Marc'Aurelio Acting Award che il festival capitolino gli ha conferito nella serata inaugurale, il 16 ottobre scorso. Ieri, 17 ottobre, l'interprete del mitico "Er Monnezza" ha incontrato il pubblico del festival per una "Masterclass" dove ha parlato della sua vita e della sua carriera. E come se non bastasse, ha annunciato un nuovo film del suo mitico personaggio: «Farò un altro film di Er Monnezza ma con un erede, mio figlio adottivo, si chiama Mattia, spero che interpreti il mio personaggio e venga amato come lo sono stato io». Il giovane, sollecitato da Milian, lo ha raggiunto sul palco salutandolo.
È davvero un fiume in piena Tomas Milian, e quando i moderatori dell'incontro, i critici Giona Nazzaro e Manlio Gomarasca (autore di Monnezza amore mio, in libreria dal 7 ottobre) cercano di ritornare alla scaletta lui li stoppa chiedendo il tempo che, a suo dire, il pubblico si merita per ascoltare la sua vita. Fa fatica anche a reggere il microfono, non lo sopporta, perché vuole aprirsi e parlare col suo pubblico come lui stesso dice: «face to face».
Claudicante, accompagnato dal tipico cappello di lana, Milian parte dalle radici della sua infanzia, dal rapporto col padre suicidatosi davanti a lui quando il futuro attore, cresciuto nella ricchezza, era appena dodicenne. «Il mio modello – racconta l'attore cubano – era James Dean e mi identificai molto col suo personaggio ne La valle dell'Eden anche lui rifiutato dal padre che gli preferiva il fratello. Mio padre, un militare, fascista da morire, preferiva mia sorella a me». Così il giovane Milian decise di andarsene da Cuba, negli anni Cinquanta, e comunicò la scelta ad una zia simpatizzante di Fidel Castro e molto ricca: «Lei mi disse – spiega Milian – che attore vuoi essere Tomas? Quello che interpreta il ragazzo agiato che si sveglia all'una, nullafacente, che pensa solo alle ragazze da sedurre per la sera? No, tu devi fare ruoli dell'uomo comune, di coloro che si fanno in quattro per portare il pane a casa».
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Fu così che colui che sarà Er Monnezza parte da Cuba alla volta degli Stati Uniti determinato ad una sola destinazione: L'Actors Studio fondato dal regista Elia Kazan. «Feci lavori umili – racconta sempre emozionato Milian – all'Actors Studio mi dissero che se volevo entrare dovevo prima imparare bene l'inglese che non parlavo totalmente. Così mi arruolai in Marina. Un giorno in preda ad una forte febbre picchiai un mio collega, mi castigarono. A un'infermiera dagli occhi azzurri e i capelli bianchi, come mia madre, raccontai tutto il mio dolore di figlio mai coccolato, anche in quei momenti capii che fare l'attore mi avrebbe aiutato a buttar fuori tutta la rabbia accumulata. Subito dopo mi analizzò uno psichiatra, mi disse che ero abile per servire gli Stati Uniti però dovevo sceglierlo. Ma, come saprete, decisi di essere un libero cittadino». Dopo aver imparato l'inglese, Tomas Milian provò l'esame di ammissione con una scena di un soldato che perde il suo amico in trincea e si convince che la colpa della morte è sua. «Era il periodo di Natale, mi chiamò la segretaria di Kazan e mi disse: "abbiamo un regalo per te, sei stato ammesso all'Actors Studio tra tremila candidati americani"». Una frase che completa giusto un secondo prima che le lacrime lo raggiungano di nuovo.
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In Italia, prima di essere Er Monnezza (ruolo che in conferenza stampa ha definito il suo preferito) Milian cominciò col cinema d'autore: «Ottenni un contratto col produttore Franco Cristaldi, lui mi aveva notato in La notte brava di Mauro Bolognini dove interpretavo un omosessuale. Fu il ruolo che mi lanciò, da lì in poi ho lavorato con grandissimi nomi italiani: oltre Bolognini, Visconti, Bertolucci, Lattuada, Zurlini, Pasolini. Poi arrivò il western e il cinema popolare».
Gli spettatori della Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica di Roma più volte gli battono le mani, si alzano in piedi per omaggiarlo e Milian porta le braccia al petto in segno di un lungo abbraccio. «Qui hanno premiato quello che voleva mia zia, il mio ruolo di uomo comune, del popolo. Vi amo tutti» E così Roma incorona di nuovo il suo ispettore.
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