Il nativo di Nazaret è pronto alla prossima fatica e lo script è da poco terminato: Suleiman annuncia che, questa volta, non ci sarà solo la Palestina come location, ma più di una nazione. Il regista prende molta ispirazione dal cinema giapponese
Elia Suleiman, filmmaker palestinese, dirigerà il suo prossimo film nella seconda metà del 2015 o nella prima metà del 2016, segnando il suo ritorno dietro la macchina da presa dal lontano 2009, quando diresse Il tempo che ci rimane. Il regista ha da poco finito lo script del lavoro di cui ancora non si conosce il nome, ma, come tutte le sue produzioni, si sa che ci sarà qualcosa di personale nella trama. Non solo, Suleiman ha dichiarato che si tratta di "un viaggio che attraverserà più nazioni oltre che il mio primo film che non tratterà la Palestina come un microcosmo del mondo"; non ha nemmeno mancato di scherzare su come a lui servano anni di riflessione tra un film e un altro.
Le probabili location sono Europa o Stati Uniti, oltre alla sempre papabile Palestina; ovviamente ci si aspetta nel plot un'attenzione particolare per la situazione politica e sociale odierna. Al regista tocca anche la produzione, a fianco del suo solito collaboratore Vincent Maraval di Wild Bunch, così come Edouard Weil per Rectangle Productions.
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"Non faccio molti film. Parte del mio carattere e il modo in cui vivo il mondo si manifestano nel fatto che mi piaccia scoprire diversi aspetti della società. Mi piace interagire, non solo creare immagini. Bisogna reagire all'atmosfera del momento nel quale si sta vivendo. Più divento vecchio e meno mi sento sicuro di me stesso; sono così pieno di dubbi. Mi sto lanciando in una situazione che non conosco. Voglio rischiare, non semplicemente fare un altro film", queste le parole molto sensibili di Suleiman.
Suleiman, nativo di Nazaret, ne ha viste tante dall'adolescenza fino al trasferimento a New York, dove ha studiato, ma è sempre rimasto particolarmente affascinato dal cinema giapponese e taiwanese: "Mi ricorda l'atmosfera del posto da cui vengo: la coppia che guarda il treno in Tokyo Story è come guardare i miei genitori e il nostro vicinato che affrontano la situazione politica che dovevano gestire al tempo in cui ero piccolo. Ozu mi ha dato la sensazione di poter fare del cinema. Ho da subito avuto un'identificazione con il suo punto di vista nei suoi film".
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