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Autore Simona Carradori :: 17 Agosto 2016

Nel cinema un sapiente uso del primo piano può essere utile a creare tensione, passare da una scena all'altra o dar vita a un effetto macro su pellicola. Da Sergio Leone a Edgar Wright, ecco tutte le tipologie di close-up nel cinema e come sfruttarle

Close Up

Il close-up o primo piano, è forse una delle tecniche cinematografiche più usate dai registi fin dai tempi in cui il cinema stesso ha visto la sua nascita. Rappresenta una parte essenziale della regia, e che sia di uno spot pubblicitario, di un video musicale o di un film, ha il potere di entrare in intimità con lo spettatore, arrivando a divertirlo o terrorizzarlo in base alle esigenze del filmmaker. In poche parole il close-up è una vera e propria necessità per chi lavora dietro una cinepresa, e come tale deve essere utilizzato in modo corretto e con le giuste tempistiche, così da essere sfruttato al meglio ed amalgamato alle riprese con fluidità.

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- Creare tensione -
Il primo piano viene spesso usato dai registi per costruire la tensione sul grande schermo, ed è infatti molto frequente nell'horror, ma anche nel western, thriller e poliziesco. Sergio Leone fu un maestro del close-up, perché non solo faceva un ampio uso di obiettivi super-grandangolari per girare le scene di maggior suspense, ma editava il suo girato in modo da creare sequenze fatte di stacchi e primi piani che si susseguono in modo quasi esasperante, ma perfetto per far presa sullo spettatore.

Nella scena sottostante, tratta dal film Il buono, il brutto, il cattivo, si vede chiaramente l'uso che il regista fa del close-up e il risultato finale che deriva. Un continuo passaggio da un personaggio all'altro fatto esclusivamente di riprese ravvicinate di sguardi e mani, in sostanza i due elementi focali da tener d'occhio in un duello da film western. L'ansia in questa sequenza è palpabile, e tutto grazie al sapiente uso del primo piano.

Un close-up molto più estremo, che va a tagliare una piccola porzione del volto, come ad esempio un occhio, è invece uno dei classici metodi usati per mostrare chiaramente le emozioni e le reazioni dei protagonisti. Una pupilla che si dilata, tremola e viene freneticamente coperta da palpebre che si aprono e chiudono ritmicamente, dona alla scena un senso di tensione difficile da replicare con qualsiasi altra parte del corpo, ed è per questo usata spesso nell'horror per rendere l'idea del terrore provato dai personaggi. Può essere funzionale anche in scene romantiche per evidenziare l'intimità degli sguardi di due amanti; oppure per riflettere una porzione di spazio situata di fronte al personaggio e mostrare degli eventi in modo poco chiaro, che lo spettatore percepirà a metà. Avviene nel genere thriller, dove l'occhio ha il ruolo di una seconda cinepresa che riflette, generalmente, l'assassino che colpisce la vittima senza che si riesca a vederlo chiaramente in volto.

Questo video mostra una serie di close-up estremi nel cinema che rendono l'idea dell'uso che ne viene fatto nelle varie tipologie di film.

- Transizionale -
Un close-up molto differente da quello trattato finora è invece quello transizionale, ossia usato come mezzo per passare da una scena a quella successiva, mostrando in primo piano un oggetto o parte di una persona che probabilmente sarà presente nella sequenza che vedremo subito dopo. Si tratta di una tecnica perfetta per fare uno switch di campo, che distraendo lo spettatore con un primissimo piano di un unico elemento, permette al regista di fare uno stacco pulito e in molti casi magistrale.

È il caso di Edgar Wright, che nella sua filmografia ha sempre fatto sapiente uso del close-up transizionale, come ci mostra il video sottostante.

- Macro -
In ultimo, il primo piano può essere utilizzato a livelli tanto microscopici da diventare una vera e propria macro, come avviene in fotografia e meno di frequente nel cinema. Generalmente, il macro close-up serve ai registi per rendere l'idea di oggetti o esseri estremamente piccoli, come nelle riprese degli insetti nei documentari o dei minuscoli ingranaggi di un orologio. Tuttavia un buon modo di inserire l'effetto macro in un film, è quello di fare uno zoom-in estremo di un oggetto inerente alla sequenza, come qualcosa che il protagonista sta osservando o che, di dimensioni ridotte, osserva il protagonista da una prospettiva differente.

Meno frequente ma davvero suggestiva è la tecnica di usare il macro close-up su parti di oggetti, persone o animali di dimensioni standard, in modo da filmare porzioni talmente piccole da rendere irriconoscibile il soggetto in questione fino ad un eventuale zoom-out del regista, che lo mostra nella sua interezza creando stupore in chi, all'ultimo momento, scopre cosa effettivamente stava guardando e che, come un effetto ottico, poteva sembrargli tutt'altro.  

Questo mini video dell'eroe Ant-Man rende l'idea di come un uso creativo dell'effetto macro riesca ad essere straniante sullo schermo per lo spettatore.

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