Il film di Gus Van Sant con Matthew McConaughey e Naomi Watts è stato riempito di fischi alla proiezione stampa, li merita davvero?
La notizia più sensazionale di questo primo week end del Festival di Cannes è stata l’indignata accoglienza della stampa nei confronti di The Sea of Trees, ultima fatica di Gus Van Sant con protagonisti Matthew McConaughey, Naomi Watts e Ken Watanabe. Il film è stato riempito di fischi in sala e di voti più che negativi sui quotidiani di tutto il mondo.
Raccontando la storia di redenzione di un uomo pronto al suicidio, Van Sant sicuramente non ha composto un film degno della sua carriera e, ancor meno, degno del concorso francese. La pellicola è carica di retorica e di facili trovate cinematografiche capaci di irritare anche il più sprovveduto degli spettatori: l’abuso della colonna sonora e dei buoni sentimenti, la recitazione sopra le righe dell’intero cast, le svolte narrative ingenue ed elementari. Il regista sa bene dove vuole andare, il problema è che non ha la minima idea di come raggiungere il suo scopo. Di conseguenza adagia tutta la messa in scena su scelte irritanti e prevedibili che non celano in minima parte un vuoto stilistico alla base del progetto.
[Leggi anche: "The Sea of Trees" di Gus van Sant fischiato a Cannes]
Come se non bastasse, gli ultimi 20 minuti di pellicola sono decisamente da dimenticare: carichi di retorica come non mai e deboli dal punto di vista narrativo (lo spiegone è davvero irritante) gettano cattiva luce sulla carriera del cineasta statunitense e sulle scelte di selezione del Festival. Tuttavia ciò forse non giustificherebbe la reazione violenta e spietata della stampa, in fondo qualcosa di buono il film la mostra: la prima parte è girata bene ad esempio, anche se, è giusto ricordarlo, si tratta del film più debole passato per ora in rassegna.
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