Recensione di L'amore non perdona| Follie! Una moderna Violetta fa capolino nel cinema italiano
Recensione di L'amore non perdona | L'esordio nel cinema di finzione di Stefano Consiglio riprende a piene mani il genere del melodramma, d'ispirazione tipicamente almodovariana, con una storia semplice ma emblematica e una meravigliosa protagonista
Nonostante quello che possa promettere apparentemente l'infelice nome del primo lungometraggio di finzione di Stefano Consiglio, precedentemente documentarista, L'amore non perdona è una piccola e inaspettata sorpresa, dal sapore internazionale e leggero, anche nei suoi tratti amari che riguardano da vicino l'Italia nelle sue contraddizioni e convinzioni così difficili da toccare e sradicare. E ce li mostra direttamente da Bari, porto privilegiato di migrazioni e accogliente cornice fotografica che, anche se ripresa nel periodo invernale, che abbraccia indistintamente nel blu i suoi protagonisti, pur nella loro estraneità e nell'errore. Adriana (Ariane Ascaride), francese, e Mohamed, (Helmi Dridi), marocchino, sono infatti entrambi apolidi in terra straniera, immigrati, per un motivo o per l'altro, che si riconoscono nella complicità linguistica, il francese, e si innamorano; ma Adriana ha sessant'anni, Mohamed trenta. Agli occhi degli altri, i sospettosi residenti del luogo, il rapporto dal quale sono esclusi, culturalmente e socialmente, non può che essere sbagliato, “vergognoso” e addirittura pericoloso.
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Ma nel gioco cinematografico il dubbio, il sospetto, si insinuano a volte anche nello spettatore: Consiglio ci sfida a fare un patto di fiducia, a lasciarci andare e credere nell'amore e nella sua innocenza, anche nei suoi risvolti più strani e rari. E la sfida qui prende la forma del melodramma, nelle sfumature dolci-amare di un amore contrastato e incompreso, grazie alla splendida performance piena di carica ironica e ancora romantica della protagonista; la star francese Ascaride ha la classe e il tormento di una vera Signora delle Camelie, corrotta e corruttrice, Traviata e incantatrice nelle “follie” verdiane direttamente citate. E nel seguire le atmosfere caratteristiche delle genere melodrammatico, le ispirazioni non sono difficili da individuare: più Douglas Sirk che Rainer Werner Fassbinder, con ricordi francesi ma soprattutto iberici, dal compianto De Oliveira al più esplicito riferimento aldomovariano, soprattutto attraverso la colonna sonora di Nicola Piovani.
Intanto la macchina a mano concede un'impronta personale che certamente deriva dall'esperienza documentaristica del regista, aiutando lo spettatore a vivere la storia d'amore come qualsiasi altra, senza badare troppo alle incongruenze d'età o di religione: e se da una parte il personaggio di Mohamed non è mai completamente spiegato, senza arrivare alla verità delle sue intenzioni, quello di Adriana è il principale punto di vista filmico assunto, libro aperto sulle emozioni contrastanti di una nonna innamorata, libera eroticamente ma ingabbiata dalle convenzioni sociali. “I genitori non ballano, non ridono e non fanno mai l'amore” è l'espressione che riassume il ruolo in cui anche la figlia la racchiude prima e reprime poi.
Ma Adriana possiede l'emancipazione e libertà (e bellezza) d'animo che tutti noi vorremmo avere; L'amore non perdona ci aiuta un po' a goderne.
Voto della redazione:
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