Recensione di Soundtrack - Ti spio, ti guardo, ti ascolto | La gelosia, tra finzione e realtà
Recensione di Soundtrack - Ti spio, ti guardo, ti ascolto | Girato nell'ormai lontano 2007, esce solo adesso il film d'esordio della regista Francesca Marra che ri-porta sullo schermo il classico rapporto ossessivo tra uomo e donna del genere noir
Scegliere di rivolgersi oggi al cinema noir non è una strada facile né conveniente, ma le intenzioni e l'approccio registico di Francesca Marra sono degli ottimi spunti per ricominciare a prendere in mano il genere nato da Lang e probabilmente capeggiato da Hitchcock e dargli nuova vita. Qui in Italia, se da una parte il noir non ha mai trovato una giusta collocazione, declinandosi spesso e volentieri nel poliziesco o nel melodramma, dall'altra detengono i migliori risultati del genere soltanto i grandi autori come i primi Germi, Antonioni o Pietri, fino ad arrivare agli ultimi esempi noti come L'imbalsamatore di Matteo Garrone.
In Soundtrack la regista, quindi uno sguardo femminile, elemento da non sottovalutare, adotta una storia prettamente cinematografica non solo in quanto deja-vu narrativo familiare, ma anche nel linguaggio metatestuale che scorre, seppure forzatamente, nella continua alternanza tra realtà e finzione. L'azione si svolge per l'appunto tra un palcoscenico teatrale e il palcoscenico della vita di coppia nella quale lei (Andrea Osvart), attrice, fa perdere la testa a lui (Vincenzo Amato), fonico, per gelosia scatenata semplicemente dal copione dello spettacolo che sta per essere messo in scena. Mettendo subito da parte la scarsa originalità dell'impostazione, in più si rischia aggiungendo doppi maschili e femminili, ombre che vorrebbero arricchire di ambiguità i due personaggi principali e invece ne evidenziano i limiti di profondità, laddove le differenze fra teatro, immaginazione e realtà vengono fin troppo accentuate, annullando ogni parvenza e possibilità di chiaroscuro.
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Il voyeurismo continua ad essere la chiave per inscenare il rapporto morboso tra uomo e donna, l'oggetto per eccellenza guardato, inseguito e desiderato; lo sguardo maschile rimane hitchcockianamente passivo rispetto al fascino ambiguo della controparte femminile, ma in Soundtrack l'ossessione fotografica di Blow up di Antonioni e quella sonora di Blow Out di De Palma si confondono in un thriller senza troppo mistero, nel quale gli "artefici della mente" non corrispondono fino in fondo al parallelo tra fantasia e cinema: la visione controllata e deviata, quindi diretta, non arriva ad assumere la centralità che meritava tramite una maggiore consapevolezza del linguaggio metacinematografico. Allo stesso modo, neanche le scene oniriche riescono a soddifare le sfumature pretese in scrittura tra verità e finzione.
Ma nonostante il suo volare basso nell'inserirsi pienamente nel genere noir a tinte erotiche, il montaggio e la colonna sonora aiutano a creare la tensione necessaria, altrimenti assente nelle interpretazioni principali, che spinge la visione fino alla fine. La prova d'esordio della Marra può comunque essere considerata un interessante e coraggioso esperimento, sicuramente nostalgico verso un cinema d'altri tempi.
Voto della redazione:
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