Il discorso di Spielberg ai laureati di Harvard: "Ogni film è una missione"

Quello dei “discorsi ai laureati” potrebbe quasi diventare una sezione dell’oratoria contemporanea. Tutti ricordano lo “stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs, ma com’è possibile dimenticare i consigli ai giovani studenti di Kurt Vonnegut? Ebbene in tutto questo d’ora in poi sarà possibile citare anche Steven Spielberg che proprio qualche giorno fa ha partecipato alla cerimonia della laurea ad Harvard.

Il regista di Jurassic Park ha tenuto un discorso molto sentito, una testimonianza significativa da parte di un uomo che negli anni settanta decise di abbandonare gli studi per dedicarsi al cinema ma che successivamente ha scelto di completare il suo percorso.

Spielberg ha ricordato di quando suo padre (novantunenne ancora al suo fianco) gli regalò la sua prima macchina da presa: aveva dodici anni e ricevette lo strumento che gli permise di dare senso al mondo, peccato che si trattasse di un “mondo pieno di mostri”.

“Quello che deciderete di fare poi è quello che nei film chiamiamo il momento in cui si definisce il personaggio” ha detto alla platea di neolaureati.

Il regista ha sottolineato come sia fondamentale dare ascolto alla propria voce interiore: “voglio essere chiaro: l’intuito è una cosa diversa dalla coscienza. Quest’ultima grida «ecco cosa dovresti  fare», mentre l’intuito ti sussurra  «ecco quello che potresti fare». Ascoltatelo, niente definirà il vostro personaggio meglio di così”.

Ripensando al suo passato il cineasta ha ammesso come fino agli anni ottanta i suoi lavori si possano considerare “cinema di evasione” ed ha individuato ne Il colore viola il punto di non ritorno della sua poetica, il momento in cui realizzò che un film è anche una missione.

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Agli studenti è anche stato chiesto di non vivere in un perenne presente, ma di continuare a studiare la storia, terreno ricchissimo e fonte inesauribile di racconti.

“Non voltate le spalle di fronte alle cose dolorose, esaminatele, sfidatele” parola di Steven Spielberg.