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Autore Alessandro Tavola :: 10 Marzo 2016
Locandina di Ave, Cesare!

Recensione di Ave, Cesare! di Joel e Ethan Coen con Josh Brolin, George Clooney, Ralph Fiennes: tra commedia, cinefilia, rebus e dramma, gli autori de "Il grande Lebowski" ripropongono tutto il loro cinema in un film imponente quanto sovraccarico

Josh Brolin, George Clooney e Ralph Fiennes guidano un plotone di camei eccellenti in Ave, Cesare!, opera opulenta e frammentaria, quadro composito e retrò dei Fratelli Coen, che aggiungono un nuovo punto fermo alla loro filmografia.

Con Ave, Cesare! gli indizi si spargono su una moltitudine di personaggi, in un gioco di distrazione/attrazione che man mano infittisce un rebus, un riddle sfaccettato prima di tutto formale che apre alla parvenza molteplici interpretazioni. È la versione riaggiornata dei Coen di sempre, quelli smembranti i significati possibili rarefacendoli e caricando di charme ogni singola scena, ogni singolo istante, dotandoli di un’autonomia capace di farli apparire come chiave di volta dell’intera questione (o dell'illusione che questa effettivamente ci sia). Ave, Cesare! è un susseguirsi di momenti altissimi, tradizionali quanto d’impatto, così caricati in egual misura da annullarsi a vicenda.

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Come se vi fosse un perpetuo incipit (almeno uno per ogni apparizione importante), il personaggio di Eddie Mannix (Josh Brolin, unico autentico protagonista, portatore sano di umanità), produttore e “fixer” mediatico dello star system della Hollywood Anni Cinquanta, attraversa un film fatto di cinema a sua volta fatto di film, una matrioska dalla calligrafia eccellente, dove forma ed emozione si inseguono di continuo in un appagante cortocircuito sensoriale. Ma riesce Ave, Cesare! a dirci qualcosa di nuovo sui Coen? Riescono i Coen a dirci qualcosa di nuovo con Ave, Cesare!? L’impressione è “semplicemente” quella di una riconferma della loro concezione di scrittura e d’immagine, medley di tutta la loro filmografia dove tendenze quasi opposte si coniugano in un’opera(zione) vorticosa e abilmente/superfluamente tuttologica.

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La commedia, il noir, il discorso politico, la metafora nonsense, il gusto impeccabile per i cromatismi, un certo tipo di cinefilia, la densità narrativa: siamo davanti ad un compendio di qualità diversificate che sgomitano tra loro, ad una summa coeniana “per coeniani” e ad un tappeto rosso per non-appassionati. Un “100% Fratelli Coen” iperconcentrato che manca di quella base di preparazione che faceva di ogni singolo film un’opera godibile e compiuta, che rendeva ad esempio Burn after reading e Il Grinta una commedia-commedia potenziata e un western-western indistruttibile.
Con innegabile capacità di fascinazione, i due ora ci aprono varchi esplorabili e piccoli labirinti (di contenuto, di percezione) che in ogni caso invitano a una seconda ricognizione, come avviene almeno dai tempi di Crocevia per la morte, questa volta dandoci una chiusura del cerchio paradossalmente più accessibile e al contempo capace di causare rigetto per le sue ostentazioni.

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Ave, Cesare! si completa annullandosi, potendovi vedere ostentato istinto o pura autoconsapevolezza da parte dei due autori. Non vincono i generi né l’immagine, né il mistery né il LOL: vincono le firme, la cui forza è apparire quanto come un timbro ben imbevuto quanto un gesto di stilografica ogni volta ex novo. In risposta, si può (o forse deve) ancora una volta dire “Ave, Coen!”, lasciando al dubbio quanto questo sia formula e quanto sincera riverenza.

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Trailer di Ave, Cesare!

Voto della redazione: 

3

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