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Autore Giulia Marras :: 16 Marzo 2016
Locandina di Brooklyn

Recensione di Brooklyn | Presentato in anteprima all'ultimo festival di Torino, arriva l'acclamatissimocandidato Oscar a Miglior Film, Migliore Sceneggiatura non originale e Migliore Attrice: toccante quanto basta per insospettire di schematismo

Tratto dall'omonimo romanzo bestseller dell'irlandese Colm Tóibín, Brooklyn arriva nelle sale italiane dopo la fortunatissima stagione dei premi statunitensi dove ha sbancato perlomeno in numero di nomination (134 secondo IMDb, e la sola Saoirse Ronan ne ha ricevute 51 per la performance da protagonista). Girato dal poco conosciuto ma già navigato John Crowley, che si dichiara, azzardatamente, ispirato dai fratelli Dardenne – ma manca l'umiltà di attenersi al reale e alle asperità che ne derivano – e scritto da Nick Hornby che, dopo An education e Wild (oltre i soliti noti Alta Fedeltà e About a boy), continua a esplorare le contraddizioni e le fragilità dell'animo femminile, il melodramma che ha conquistato la critica americana non fa che confermare – o ricordare – con una certa malinconia lo status (forse perduto per sempre, forse mai realmente avuto) della terra promessa a stelle e strisce di sogni e libertà per tutti; si smaschera invece come terra di nessuno, migranti-fantasmi di prima generazione abbandonati a costruire un futuro ipotetico. 

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Ambientato negli stessi anni '50 e nella stessa New York di Carol, Brooklyn è irrimediabilmente lontano dal profondo magnetismo dell'ultimo lavoro di Todd Haynes, sebbene tenti un approccio stilistico preciso ma ancora manierista: conferendo tre diverse luci e toni di colore ai tre movimenti/viaggi/coscienze di Ellis, Crowley compone/dipinge l'illusione perfetta di un'evoluzione narrativamente posticcia e difettosa. D'altra parte sarebbe ingiusto negare una certa, antica, sensibilità propria degli intenti posati, dei vincoli famigliari, di educazioni umili, ma soprattutto della personalità della protagonista dal comportamento modello, così addolcita dall'interpretazione della Ronan che ci ricordiamo ancora con la voglia a forma del Messico sul viso in Grand Budapest Hotel.

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E se gli attori comprimari rispondono anch'essi perfettamente in linea con un nostalgico classicismo mai fuori posto, prima di tutti Julie Walters, Brooklyn ha altro da offrire che l'eleganza dei suoi personaggi, abitanti sperduti di non luoghi – sia l'Irlanda che la Grande Mela sono pallide tele su cui emergono le figure umane vestite di colori fin troppo sgargianti – , comparse di un mondo che sembra consapevole e disposto a sparire da un momento all'altro, e invece potrebbe essere il medesimo che esiste adesso. Brooklyn infatti pare rinunciare subito a un richiamo al contemporaneo, alle migrazioni lavorative e alla mobilità sociale delle giovani generazioni; così si affievolisce su se stesso, chiudendosi all'esterno e leccandosi compiaciuto le sue grazie, in posa, senza sfiorarci. 

Trailer di Brooklyn

Voto della redazione: 

2

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