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Autore Giulia Marras :: 26 Novembre 2014
Locandina di La teoria del tutto

Recensione di La teoria del tutto | In anteprima al Torino Film Festival, la storia vera e straordinaria dell'astrofisico Hawking, trasformata però in una convenzionale commedia romantica

What if the secret of the universe had something to do with sex?
E se il segreto dell'universo avesse a che fare con il sesso?

È da questa frase che inizia La teoria del tutto, ed è probabilmente proprio il sesso il presupposto fondante, confermato dalla fine, e cuore pulsante della linea narrativa particolare scelta per raccontare la vita di Stephen Hawking. Basato sulla biografia della ex moglie del celebre astrofisico, La teoria del tutto non vorrebbe infatti essere un semplice biopic, focalizzando il racconto non sui successi accademici e professionali, bensì sulla storia d'amore con Jane (Felicity Jones), prima compagna da cui Hawking (Eddie Redmayne) ha avuto tre figli. Nonostante la diagnosi della malattia degenerativa che lo costringerà giovanissimo alla paralisi totale del corpo, la fidanzatina dei tempi di Cambridge rimane al suo fianco, innamorata e combattiva studentessa di poesia medievale spagnola, ma anche cattolica fedele nel “dittatore celeste”, da sempre il soggetto di cui provare l'inesistenza nelle teorie di Stephen.

Così mentre l'amore tra i due è la forza manifesta che porta avanti il lavoro del fisico (che può essere inteso sia come corpo che supera ogni aspettativa di vita, sia come carriera) e la storia stessa, universale pur nella sua straordinarietà, il sesso è un fil rouge invisibile che talvolta viene fuori esplicitamente dai dubbi degli amici e parenti della coppia, che coincidono con quelli degli spettatori. All'origine dell'universo non c'è Dio, non c'è un buco nero, non c'è un inizio del tempo: c'è il sesso, ovvero la riproduzione, i figli; quindi “con una semplice, raffinata ed elegante equazione”, l'Amore.

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Al di là della circolarità temporale e universale che vuole rappresentare, La teoria del tutto tenta diversi approcci alla personalità, allo stesso tempo potente e fragile da gestire, dell'autore del saggio epocale Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo, comportandosi contemporaneamente come film sull'Amore, sulla malattia, sul tempo, sul confronto tra fede e scienza e infine sul rapporto con Jane; alla fine dei conti però non riesce a riconoscersi in nessuno di essi e si perde nella convenzionalità del racconto biografico e patetico che poco aggiunge a ciò che già sapevamo del protagonista. La sua ironia, ben illustrata nel momento delle prove della sua nuova “voce” elettronica, la tenacia estrema contraltare di un'estrema condizione fisica, l'attività intellettuale e scientifica incessante, l'ateismo.

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Nessun movimento e nessun personaggio sconvolgono il percorso già spianato, neanche Jane, che aveva tutte le carte in regola per ribaltare i ruoli come vera protagonista; nessuna meraviglia si spalanca nell'immagine come aveva saputo fare Marsh con Man on wire, Premio Oscar 2009 per il Miglior Documentario; non si arriva insomma a quell'infinito teorizzato da Hawking Tutto procede secondo i canoni, con le tipiche sequenze in un simil Super 8 che riassumono gli avvenimenti familiari, una colonna sonora sviolinata e preponderante, le solite soluzioni alla Beautiful Mind per raccontare la genialità e la maniacalità nerd.
Un'occasione, più che mancata, spezzata dalle sue buone premesse, nonostante l'eccezionale performance di Redmayne, già in pole position per l'Oscar.

Trailer di La teoria del tutto

Voto della redazione: 

2

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