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Autore Giulia Marras :: 8 Settembre 2015
Locandina di Pecore in erba

Recensione di Pecore in erba | L'esordiente Alberto Caviglia osa con un’idea originale e impudente ma allo stesso tempo sprofonda nella banalità, servendosi dei fenomeni del web e del populismo da internauta medio

Azzardatamente inserito nella sezione Orizzonti della 72esima Mostra del Cinema di Venezia, Pecore in erba ha premesse altrettanto azzardate e irriverenti: Leonardo Zuliani è nato antisemita, in un mondo parallelo dove le ideologie non hanno più forza né limiti, dove vige così, nel (non)rispetto del rinnovato politically correct anche l’antisemifobia, di cui Leonardo diviene vero e proprio portabandiera.

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Alberto Caviglia, precedentemente assistente alla regia di Ferzan Ozpetek, alla sua opera prima dietro la macchina da presa, osa con un’idea originale e impudente ma allo stesso tempo sprofonda nel becero umorismo e nella banalità più ingenua. Come un figlio viziato a cui tutto è permesso, il lavoro di Caviglia sembra essere il capriccio di un esordiente pretestuoso, per di più coadiuvato dai cameo di numerosissime personalità dello spettacolo italiano, anche di un certo spessore: Gipi, Corrado Augias, Gianni Canova, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Enrico Mentana, nonché reali personaggi caratteristici di Trastevere, dove il protagonista abita, capaci quindi di attirare unicamente la risatina complice degli spettatori romani. Pecore in erba assume, infatti, la forma di un’inchiesta televisiva con tanto di interviste e approfondimenti sulla vita intermediale di Leonardo, tra fumetti, libri e cinema, anche con spezzoni tratti dal fake biopic in bianco e nero, simil-neorealista, “Paura d’odiare” (e citazione random da The Truman Show).

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Calderone di cinismi da social network, l'esordio di Caviglia ha l’aspirazione sovversiva di Boris ma non certo la stessa intelligenza: utilizzando come materia prima, in ritagli di sequenze cartoonistiche in un montaggio collage, pasticcio non pastiche, alcuni fenomeni tipici del web e del populismo da internauta medio, dal complottismo ai meme di Magalli, se ne vorrebbe prendere gioco, ma ci ricade dentro inevitabilmente, e precipita. Non importa quanto può essere provocatorio il riferimento alla lobby "pluto giudaico massonica reazionaria" o ironiche le invenzioni linguistiche della Lega Nerd e la New Bible Redux, il gioco di Caviglia, lontano da Woody Allen o dai Monty Python ai quali dice di ispirarsi, è una trappola accattivante ma scorretta, liberatoria forse solo per il suo stesso autore (di religione ebraica) ma imbarazzante per chi vi assiste, fallendo nella sua stessa ridicolizzazione dell'antisemitismo e nella demistificazione del delicato argomento. Sperando si tratti solo un atto di ingenuità e inesperienza, Pecore in erba è letteralmente la risata che ci seppellirà tutti, uno dei primi prodotti del web da commentatori e della sua superficialità navigabile e condivisa.

Teaser trailer di Pecore in erba

Voto della redazione: 

1

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