Recensione di Selma - La strada per la libertà | La lunga marcia del Reverendo King
Recensione di Selma - La strada per la libertà. Didascalico ma senza eccessi retorici, un film che restituisce il carisma di Martin Luther King
I film hollywoodiani che si propongono di raccontare grandi ed epiche pagine della complessa storia americana rischiano spesso di cadere in una retorica patriottica urticante per il più sobrio e misurato pubblico europeo.
Un rischio altissimo, che anche Selma – La strada per la libertà si prende, non sempre riuscendo a evitarlo, ma nel complesso mantenendosi abbastanza sobrio da non toccare pericolose vette di patetismo.
Proponendosi di raccontare una breve ma intensa parentesi nella vita dell’eroe afroamericano per eccellenza, il Reverendo Martin Luther King, Alma DuVernay, al terzo lungometraggio di fiction, mantiene una via di mezzo abbastanza equilibrata tra inevitabili scivoloni nel sentimentalismo (ma è il personaggio stesso che lo richiede) e una certa asciuttezza di toni.
Certo, l’impressione (a tratti forte) di trovarsi di fronte a un prodotto agiografico e didascalico non manca e non sono molte le scelte coraggiose, dal punto di vista cinematografico. Un altro difetto imputabile alla pellicola è una pecca di verbosità retorica (nel vero senso della parola) che intacca i dialoghi del protagonista con i suoi compagni di lotta e con le alte sfere Usa.
Dalla sua, ha un buon cast di comprimari che sostengono pacatamente la performance mimetica di David Oyelowo, incredibilmente somigliante a MLK: dal Lyndon Johnson di Tom Wilkinson all’odioso governatore dell’Alabama incarnato dallo spigoloso Tim Roth, dalle piccole parti di Oprah Winfrey e Cuba Gooding Jr. al cameo di Martin Sheen. È Oyelowo però il vero centro del film, carismatico, ieratico e dolente come il vero Reverendo King: in lui possiamo vedere una sicura promessa di positivi esiti futuri. Se la sceneggiatura sorvola su molti punti controversi (il presunto scandalo che gettò fango su King a causa di alcuni filmati porno che lo vedevano protagonista, la cui autenticità non fu mai chiarita, viene solo sfiorato), indugiando sulle sequenze più suggestive (le marce e gli scontri), viene comunque sostenuta dalla vibrante performance del protagonista.
Alcune scelte risultano però davvero un po’ troppo prevedibili: i ralenti, l’insistenza del commento musicale “black” e un finale altisonante con tanto di commento scritto.
[Leggi anche: Alla scoperta di “Selma”, l’outsider degli Oscar]
Nel complesso, un’opera dal valore più documentario (grazie anche a qualche sequenza di found footage) che cinematografico, da vedere comunque per conoscere una pagina dolorosa ma recente della storia e per comprendere, specialmente di questi tempi nervosi, che l’intolleranza può portare solo sofferenza e che nell’uguaglianza dei popoli si fonda il principio della pace.
Voto della redazione:
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