Recensione di Eden | La crisi di una generazione nella scena musicale dell'elettronica francese
Recensione di Eden di Mia Hansen-Løve | Nella sezione Gala del Festival di Roma si racconta la nascita e l'evoluzione della musica elettro-dance e garage parigina attraverso i DJ precursori e gli stessi Daft Punk
Presentato al Toronto International Film Festival, Eden ha aperto la seconda giornata del Festival di Roma, all’interno della sezione Gala. La regista Mia Hansen-Løve, ex attrice e moglie del cineasta Olivier Assayas, ha già all’attivo tre lungometraggi, Tout est pardonné, Il padre dei miei figli (vincitore della Premio Speciale della Giuria Un Certain Regard a Cannes 2009) e Un amore di gioventù, con uno sguardo già delineato e consapevole dei movimenti della macchina da presa e di quelli spazio-temporali del racconto cinematografico e dei personaggi che lo abitano. Eden, ispirato alla storia personale del fratello Sven che con lei ha co-scritto la sceneggiatura, è l’ascesa e caduta di un dj parigino nel momento in cui l’elettro-dance e il garage francesi nascevano ed esplodevano in tutto il mondo.
Proprio come Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen narrava la parabola di uno dei tanti alter ego di Bob Dylan che non sono riusciti a sfondare, trascinando in un ciclo continuo di tentativi e sconfitte una carriera abortita, anche Eden mette in scena quella di un duo di disc jockey paralleli agli allora nascenti Daft Punk che invece, nonostante la stessa gavetta e, forse lo stesso talento, troveranno fortuna. Ma non solo: la storia di Paul, la metà fragile del duo che diviene di diritto il protagonista malgrado siano molti intorno a lui i personaggi in declino, è la storia di una generazione, gli adolescenti degli anni ’90, che ha inseguito il sogno di poter vivere d’arte, grazie alle nuove possibilità digitali e alla facile creazione di musica, senza per forza conoscerla o saperla suonare. Un sogno che si è sgretolato lentamente e dissolto definitivamente negli ultimi anni, lasciando dietro illusioni, dipendenze e relazioni fugaci. E mentre i coetanei di Paul cominceranno a porsi domande sul futuro, come la fidanzatina americana, interpretata da Greta Gerwig, con ambizioni da scrittrice, pensa a “trovarsi un lavoro vero”, l’amico fumettista cade in una profonda depressione e altri formano famiglie, lui si troverà intrappolato in una spirale d’orgoglio e cocaina, di cieca passione e debiti finanziari.
Divisa in due parti, Paradise Garage e Lost in Music, la lunga temporalità del film, che va dal 1992 al 2013, è scandita con garbo dall’evoluzione della musica elettronica parigina, grazie a una colonna sonora a cui hanno partecipato i maggiori nomi della scena, e dal ciclico ripetersi degli eventi: le serate nei club, le notti d’amore, e poi le sconfitte, le richieste d’aiuto.
[Leggi anche: Festival di Roma 2014: Ecco il programma completo]
La Hansen- Løve guarda con distacco i suoi personaggi, non li coccola ma neanche li giudica, accarezzandoli nella loro fragilità, come in Un amore di gioventù: il comportamento infantile della protagonista non veniva condannato, se ne osservava invece la crescita e infine, la svolta. Arriverà anche per Paul, in un modo o nell’altro.
Eden, come previsto, non è un film sulla musica elettronica: è un viaggio realista all’interno di una gioventù che non ha avuto nessuna colpa se non quella dell’ingenua passionalità e ora si ritrova a pagarne le conseguenze.
Voto della redazione:
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